Intervento di Paolo De Castro

De Castro

Con la futura Politica comune di settore gli agricoltori avranno un ventaglio di opportunità senza precedenti per ottenere maggiore equità, flessibilità e semplificazione. Con un rinnovato Parlamento nel quale i deputati italiani potranno avere un ruolo strategico in vista della riforma. E questo, a prescindere dalla linea adottata dal prossimo commissario all’Agricoltura e da una Brexit di cui, a due mesi dalla scadenza, non si conoscono ancora le modalità.Nell’aprile scorso, praticamente al termine dell’VIII legislatura, la commissione Agricoltura del Parlamento ha approvato una serie di proposte migliorative dei testi della riforma Pac presentata nel 2018 dal commissario Phil Hogan.

Con una modifica al regolamento Ocm Unica, finalizzata innanzitutto a posticipare al 2022 l’entrata in vigore dei Piani nazionali Pac, introduce un tetto agli aiuti oltre i 100mila euro per le grandi aziende, escluse quelle cooperative, con incentivi alla redistribuzione delle risorse per quelle più piccole; destina il 20% del bilancio degli aiuti diretti e il 30% dello sviluppo rurale a sostegno di azioni che tutelano l’ambiente e il clima, riservando inoltre ulteriori misure in favore dei giovani e delle donne in agricoltura.
Tra le modifiche approvate dalla comAgri, anche una maggiore responsabilità degli Stati membri nella definizione del ruolo di ‘agricoltori attivi’ beneficiari dei pagamenti diretti.
Questo, per evitare sostegni a quanti svolgono un’attività agricola insignificante nel quadro delle loro attività economiche complessive, preservando lo storico modello di agricoltura a conduzione familiare indicato dall’Ue.

I testi della riforma Pac, come è noto, non sono poi arrivati al vaglio della Plenaria per mancanza di tempo. E quindi sarà ora compito del nuovo Parlamento portare avanti le proposte emendate, oppure riaprire il dossier su basi nuove.
Fondamentale sarà, in ogni caso, evitare il rischio di una ri-nazionalizzazione della Pac e di possibili distorsioni di concorrenza tra gli agricoltori dei diversi Stati membri, nonché rafforzare il ruolo delle Regioni nella predisposizione dei Piani di sviluppo rurale.
Tutto questo, in attesa di vedere con quali criteri, e con quali ripercussioni economiche, il Regno Unito uscirà dall’Unione. Un divorzio che le stime indicano provocherà un buco di 12 miliardi nel bilancio Ue. E che in qualche modo dovrà essere colmato con la definizione del programma finanziario 2021-27.
Da qui l’importante lavoro che attende tutti noi parlamentari per trovare soluzioni adeguate e traghettare in modo adeguato questa riforma Pac, sul piano dei contenuti e delle risorse. Ricordando che con oltre 53 miliardi di euro l’anno, di cui circa 7 destinati all’Italia, il budget per il settore rappresenta ancora il 37% del totale comunitario.

Sia in commissione Agricoltura, di cui sono componente titolare insieme ad altri cinque deputati italiani (su un totale di 93), sia in commissione Bilanci (10 italiani su 80), continuerò a dedicare la mia esperienza e le competenze acquisite al futuro degli agricoltori e delle loro famiglie.

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