“Dolce è l’Albana/ e fresca è la locanda/ e cortese e devota è la padrona/ e c’è di là un odor di erba limona/ e di qua il sentor della lavanda…/”. Sono versi, 1910, di Marino Moretti in sosta in una trattoria sulle dolci colline romagnole.
Quando andate a mangiare il pesce a Cesenatico, fermatevi a “Casa Moretti”, sul bel portocanale: non si vive di solo brodetto. Il 21 marzo, primo giorno di primavera da calendario, è anche la giornata mondiale della poesia, cibo per il nostro cuore, proclamata dall’Unesco. Confidiamo che nelle nostre scuole i bravi insegnanti ne approfittino per rileggere insieme ai ragazzi vari buoni poeti di casa nostra, spesso con “imprinting” agreste.
Ad esempio il nostro caro Giovanni Pascoli, “Zvanì”, e la sua infanzia da sorelle Bronte ma in terra di Sangiovese, a Villa Toronia, grande tenuta agricola presso San Mauro Pascoli. Infanzia funestata dell’omicidio del padre, fattore, mentre tornava alla Villa con due bambole di pezza in dono per le sorelline del poeta. Quel delitto, due schioppettate a tradimento da dietro la siepe lungo la Via Emilia, rimase impunito. Quel posto di fattore ingolosiva non poco. La famiglia del poeta dovette sloggiare dalla Villa. Solo la cavalla storna (che portava colui che non ritorna) sapeva il nome dell’assassino: ma non potè testimoniare, ovviamente.
Così fu che la campagna romagnola divenne tema conduttore della poesia pascoliana, arte poetica che tuttora incanta, inossidabile al tempo.
Anche il Carducci, docente universitario a Bologna, amava la Romagna che sua volta coccolava “Cardòzz”, buon esperto di vini. “…Va l’aspro odor dei vini l’animo a rallegrar/ gira su ceppi accesi lo spiedo scoppiettando/ sta il cacciator fischiando / su l’uscio a rimirar…
Il Passator Cortese