Ai cinghiali piacciono anche le olive

Ottobre 2016
Claudio Ferri
SAN LAZZARO DI SAVENA – Non c’è pace tra gli ulivi: nessun riferimento ai contenuti del film neorealista diretto da Giuseppe De Santis nel 1950 (girato a Fondi), ma il titolo riassume bene lo stato d’animo di Ermanno Rocca, agricoltore biologico di San Lazzaro di Savena, in pieno Parco dei Gessi.
Un’area in cui i cinghiali sono di casa – tanto che i danni alle colture agricole sono all’ordine del giorno – ma non era mai successo che si accanissero con un impianto di ulivi: un branco di questi ungulati, infatti, ha fatto incursione nell’appezzamento dell’agricoltore e ha sradicato, oltre a spezzare rami, numerosi ulivi.
Nonostante il Parco dei Gessi abbia abbattuto sino ad oggi più di 350 cinghiali con i piani di controllo, la densità resta elevata ed anche la prevenzione è spesso insufficiente per contenere l’irruenza degli animali.
“Diciamo che un danno così evidente su un impianto giovane di ulivi è la prima volta che lo vedo – spiega Rocca – mentre è assai frequente sulle piante da frutto dove cinghiali e caprioli creano seri danni. Ora dobbiamo, dove possibile, intervenire per dare una posizione eretta alle giovani piante e in molti casi sostituirle completamente perché il ceppo si è spezzato al livello del suolo”.
L’agricoltore coltiva olive biologiche in queste colline dove storicamente erano presenti piante già qualche secolo fa per la produzione di olio. “Il Cnr ha fatto una ricerca su antichi ceppi e ne sono stati individuati 29 a partire dall’imolese fino alla provincia di Modena – prosegue – e dopo un attento monitoraggio ora sono state riprodotte in vivaio per poi essere messe a dimora: è una ulteriore valorizzazione del territorio. Io ho un campo sperimentale che conduco in collaborazione con Arpo (Associazione regionale produttori olivicoli) e l’Istituto di meteorologia, dove coltiviamo queste varietà”. Rocca ha inoltre altri appezzamenti con cultivar di olive più diffuse dalle quali ottiene un olio eccellente. “Il parco suggerisce di costruire recinti, ma io non sono favorevole perché le recinzioni costituiscono un ulteriore onere per gli agricoltori, in termini di tempo e costi. In più c’è un lavoro di manutenzione che sottrae tempo alla cura dei campi perché l’erba che cresce a ridosso dei fili in cui scorre elettricità a bassa tensione fa scaricare velocemente le batterie, rendendo inefficaci le protezioni”.
Negli ultimi anni gli agricoltori denunciano un aumento della pressione degli animali “che è aumentata in modo esponenziale e i danni sono sempre più frequenti e notevoli”.
L’elevata densità fa sì che gli ungulati inizino le loro incursioni con i cereali per proseguire nei frutteti e i vigneti – dice Hendrik Hagedoorn, imprenditore agricolo e membro della consulta del Parco dei Gessi – inoltre il piano di controllo del dell’Ente è insufficiente e va potenziato per impedire una ulteriore proliferazione dei cinghiali. Pensi che nel parco operano 130 aziende agricole, settanta delle quali sono state danneggiate per un importo di quasi 70 mila euro: non si può andare avanti così”.