Conferenza sul clima: a Dubai tante presenze ma poche certezze

cambiamento climatico

Claudio Ferri, direttore Agrimpresa

Sulla Cop 28 di Dubai negli Emirati Arabi, la 28ª conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ormai è stato detto tutto, ma per i più distratti (a proposito, Cop è l’acronimo di Conferenza delle parti) provo a sintetizzare. Questa conferenza sul clima ebbe origine in Brasile, nel 1992 con il fine di coinvolgere tutti i Paesi del mondo nel ridurre le emissioni di gas serra.

Al di là delle enunciazioni e dopo più di 30 anni, i risultati sono stati scarsi. Se ben poco possono fare i singoli Stati – ad eccezione delle grandi potenze economiche ed industriali capaci di influenzare, nel bene e nel male, i comportamenti dei governi – figuriamoci l’affollato parterre di ‘aggregati’ a questo appuntamento, nella maggior parte dei casi ininfluenti sulle decisioni finali, ma attori di un costoso turismo istituzionale. Nel 2023 i punti dibattuti hanno riguardato il bilancio dell’attuazione del contenuto delle precedenti sessioni previsto dall’Accordo della Cop 21 di Parigi del 2015 e le decisioni sul futuro della lotta al cambiamento climatico. L’evento ha ospitato settantamila partecipanti (tutti allineati all’obiettivo di contenere il riscaldamento entro gli 1,5 gradi) tra negoziatori, membri delle Ong, lobbysti e organizzazioni varie. Nelle aree adiacenti alla grande convention hanno lavorato novanta tra ristoranti e caffè, che gli organizzatori riferiscono abbiano servito 250mila pasti al giorno, con un conteggio calorico preliminare sui menu. 
È già un gran bel risultato.

Tra grattacieli, hotel lussuosi, pista da sci (sotto un’enorme campana di vetro che simula un ambiente montano innevato), oltre centottanta Paesi con interessi spesso contrapposti, si sono dati da fare per trovare una sintesi, difficile, dove un calendario fittissimo di incontri doveva indicare le strategie per la transizione energetica e favorire la strada della riconversione. Il presidente della Cop 28, Sultan Al-Jaber, è il ministro dell’Industria e della Tecnologia avanzata del Paese ospitante, nonché amministratore delegato della Abu Dhabi national Oil Company, la compagnia petrolifera statale: non del tutto imparziale nelle decisioni da prendere. Come far portare dal lupo la merenda a cappuccetto rosso. Nel suo intervento alla plenaria il presidente  del Consiglio europeo, Charles Michel, ha chiesto “un’azione globale più incisiva e rapida per mantenere l’aumento della temperatura mondiale” rilevando come l’Ue abbia già ridotto le emissioni di gas a effetto serra del 30% rispetto ai livelli del 1990. Da ricordare che la decisione finale alla Cop 28 non si raggiunge per alzata di mano, ma con una procedura che, in mancanza di opposizioni evidenti, è comunque presa.

A conclusione dei negoziati si è trovata un’intesa nell’avviare una “transizione dai combustibili fossili” per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero nel 2050. Un percorso mediato, rispetto le affermazioni iniziali – e radicali – di Sultan Al-Jaber. Un buon accordo, a giudizio di Cia, “ma – sottolinea la Confederazione -, nonostante gli agricoltori siano in prima linea nella lotta al clima, sul totale degli investimenti mondiali per la mitigazione climatica, solo il 5% va al settore primario e, di questo, solo lo 0,3% va alle piccole aziende”.

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