Copador: una situazione da risolvere al più presto per tutelare gli agricoltori - Agrimpresaonline Webzine

Copador: una situazione da risolvere al più presto per tutelare gli agricoltori

Febbraio 2017

PIACENZA – Mentre la nuova campagna è alle porte e di deve definire il prezzo, mentre gli agricoltori prenotano nei vivai le piantine in vista delle future produzioni di pomodoro, il Co.Pad.Or. (Consorzio Padano Ortofrutticolo) di Collecchio vive un presente nebuloso che nulla ha da spartire con il suo passato che lo vedeva tra i big del settore a livello non solo italiano, ma addirittura europeo, con capacità produttiva che superava i 3 milioni di quintali di pomodoro lavorati.

Copador, com’è noto, è una cooperativa agricola nata nel 1987 con l’acquisizione, da parte di un gruppo di agricoltori delle province di Parma e Piacenza, degli impianti della Ferrari & Figna, prestigiosa industria alimentare situata nel cuore della Food Valley italiana e per anni è stata al vertice tra le maggiori e moderne imprese di trasformazione del pomodoro operanti in Europa, con circa 600 dipendenti diretti tra fissi e stagionali.
I soci coltivano (o meglio coltivavano…) ogni anno circa 4.000 ettari di pomodoro, seguendo le più moderne tecniche agronomiche dettate dall’ufficio agricolo della cooperativa. Poi le difficoltà attraversate dal comparto del pomodoro, con il progressivo ridursi del prezzo di vendita della materia prima, ma anche l’ormai incombente problema che vede l’azienda da tempo gravata da una consistente esposizione verso il sistema creditizio, benché progressivamente ridotta e contenuta negli ultimi anni.
Così Co.Pad.Or. ha depositato istanza di concordato in continuità, anche in ragione delle reticenze espresse dal settore bancario a concedere la liquidità richiesta. Ora tutti sembrano rendersi conto di come sia di fondamentale importanza per le aziende agricole che conferiscono il prodotto, per i lavoratori, per i fornitori e per tutto il comparto del pomodoro del nord Italia assicurare la continuità produttiva dello stabilimento di Collecchio (Parma) e l’avvio della campagna 2017, perché il fermo dell’impianto costituirebbe un danno irreparabile soprattutto per il settore primario, al quale verrebbe sottratta una parte significativa delle opportunità di vendita del prodotto coltivato con una ulteriore riduzione delle possibilità di diversificazione delle colture.

“È ben noto a tutti come Copador – sottolinea il piacentino Fabio Girometta presidente dell’Agia regionale e rappresentate di Cia Emilia Romagna all’interno dell’OI Pomodoro da Industria del Nord Italia – rappresenti un’essenziale realtà del territorio per entrambe le province di Parma e Piacenza ed una delle industrie più all’avanguardia del Nord Italia, perché ha da sempre trasformato materia prima di altissima qualità. Per questo la situazione attuale non riguarda solo i soci Copador, ma si ripercuote inevitabilmente su tutto il comparto del pomodoro, quindi per tutta la filiera. È pertanto fondamentale – ribadisce Girometta – compiere il possibile per salvaguardare la base sociale, gli agricoltori, l’indotto, attraverso la definizione di regole serie e decisioni univoche per il 2017, volte all’interesse di tutto il comparto e non di singole realtà”.

“La Cia di Piacenza – chiarisce il presidente Giovanni Malchiodi – non ha soci all’interno di Copador ma la Cia di Parma si; ora si tratta di verificare quali siano i reali obiettivi che si intendono perseguire con l’ipotizzato concordato in continuità, ovvero non certo soluzioni “tampone” ma di strategia a medio termine. Si sono affacciati nuovi interlocutori, nuovi gruppi non ancor ben definiti. I nomi trapelano (Conserve Italia, Mutti, Casalasco), ma per ora siamo solo nel campo delle illazioni. Il reale problema – ribadisce Malchiodi – è intanto che questi soci hanno lavorato, fatto investimenti onerosi e ciò che sta accadendo ora non dovrebbe avvenire, anche perché gli errori commessi nel passato ricadono poi inevitabilmente sull’anello più debole della filiera, ovvero gli imprenditori agricoli. Per questo – conclude Malchiodi – ci dobbiamo moralmente e responsabilmente sentire tutti impegnati per raggiungere l’obiettivo di garantire continuità produttiva, evitando gli errori del passato, con il rammarico che poi non ricadranno per nulla su chi li ha compiuti”.

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