Alessandra Giovannini
I piccoli frutti, sono un comparto sempre più in salute e con ampi margini di crescita
In forte espansione nel mondo, in Europa i consumi raddoppieranno nel 2020, su base iniziale al 2004. Occorre, però, costruire delle filiere per evitare pericolosi squilibri di mercato. Queste alcune delle conclusioni del primo Convegno nazionale sui piccoli frutti, organizzato a giugno da Sant’Orsola, la cooperativa leader nazionale del settore con suoi circa 830 soci, e a cui hanno partecipato più di 150 rappresentanti del mercato italiano di riferimento e alcuni provenienti da Paesi europei. L’appuntamento ha messo sotto la lente di ingrandimento il mercato internazionale del settore. Il consumo 2006-2015 dei berries è più che raddoppiato nel mondo, passando da 600 milioni a 1.300 milioni di euro. Ed entro il 2020 è previsto un ulteriore raddoppio.
I piccoli frutti fanno bene, sono gustosi, ipocalorici e benefici. In loro è riconosciuto l’aspetto salutistico e rievocano l’idea del benessere perché ricchi di principi nutritivi. E poi sono sempre più pratici da consumare grazie anche alle nuove linee create per spuntini da gustare comodamente per strada. Per quanto riguarda la produzione, i dati 2017 ricordano che l’Italia è al 14esimo posto nel mondo nel settore fragola e mirtillo, al primo c’è la Cina, e al 22esimo per il lampone, in testa c’è la Russia. Coltivazioni comunque in crescita, grazie alle novità varietali introdotte derivate, ad esempio, da selezioni, dall’uso della biotecnologia. Dagli studi sulla fisiologia delle piante e dallo sviluppo dei sistemi di coltivazione. I Paesi europei maggiori esportatori sono la Spagna, la Grecia e la Turchia.
Il settore vivaistico è in forte espansione in Italia. In Europa 50 mila ettari sono oggi piantati per la sola fragola e sono in corso anche in Italia grossi investimenti. Le performance di vendita dei frutti di bosco in Italia sono in crescita costante. La vendita a volumi è passata dal 24,3% nel 2015 al 26,2% del 2018. Più difficile avere dati sulla regione Emilia Romagna. In merito alla produzione, i dati ufficiali Istat non riportano superfici nella nostra regione anche se dalla sede romana ci informano che “dal prossimo censimento dell’agricoltura che partirà ad ottobre del 2020, è prevista anche la rilevazione della ‘frutta a bacche’. I primi dati saranno disponibili nel 2022”.
Alcune valutazioni, però, le possiamo fare. Intanto il direttore generale Apofruit Ilenio Bastoni sottolinea che “I consumi dei piccoli frutti è in aumento e l’impegno cresce in modo sempre più costante. Da qualche anno abbiamo iniziato a lavorare in questo settore un po’ su tutte le referenze, a partire dal lampone che siamo in grado di offrire 12 mesi”. Alcune considerazioni li espone anche Ugo Palara, responsabile dell’ufficio tecnico Agrintesa. “Certo, la nostra non è una regione particolarmente adatta per questa coltura ma è pur sempre vero che i componenti della terra possono essere corretti”.
Approfondisce Stefano Stefanini, tecnico di Apofruit. “More e lamponi nella nostra regione trovano produzione più facile mentre per i mirtilli le cose sono più difficili. La mora era un prodotto degli anni ’60 e ’70 ma oggi c’è un ritorno. Minima la spesa per gli impianti e se i terreni sono giusti durano anni. Erano state abbandonate perché le varietà non si conservavano e non erano troppo buone, oggi le cose sono cambiate e molto commercio c’è anche nelle frutterie e yogurterie.
”Buone notizie anche per i lamponi. “Si possono coltivare a terra e nei vasi ma il prodotto è più deperibile. Sono interessanti ma hanno costi di impianti più alti e durano meno. A livello economico non conviene”. I mirtilli, invece, non trovano i terreni adatti. Detta così sembra che per questi piccoli alleati della nostra salute e del nostro palato ci siano poche possibilità. Eppure non è proprio così perché c’è un esercito, anche in Emilia Romagna, di produttori che fieramente e con passione coltivano le piantine distribuendo i frutti freschi o trasformandoli.
“La nostra azienda è situata nelle colline cesenati, a circa 300 metri di altitudine, esattamente a Luzzena, vicino a Borello di Cesena – racconta Giancarlo Gasperoni -. Nel 2012 abbiamo deciso di piantare i piccoli frutti. Oggi coltiviamo 3.000 metri lineari fra lamponi, uva spina, ribes rosso, bianco e nero, more, con il mirtillo abbiamo problemi per l’altitudine e raccogliamo circa 3/4 quintali di piccoli frutti. Forniamo pasticcerie e agriturismi e l’esubero lo mandiamo in laboratorio per confezionare marmellate e confetture. Ma non riesco ad accontentare tutte le richieste. Da noi c’è un terreno argilloso quindi il sapore dei frutti è più intenso ma la quantità è poca”. Il vero problema, però, sono gli animali. “Non utilizziamo pesticidi e concimi chimici e quindi – dice ancora Gasperoni – abbiamo problemi con i parassiti ma, dopo le cavallette che ci hanno infastidito qualche tempo fa, adesso c’è un animaletto al quale piace la terra e, in particolare le piccole piantine dell’uva spina, per non parlare, poi, dei caprioli che con le corna hanno rovinato le piante delle more”. Sempre Gasperoni ci racconta di una stagione anomala anche per questi frutti.
“Quest’anno abbiamo cominciato a raccogliere i lamponi in ritardo, praticamente ad inizio giugno, l’anno scorso i cestini li abbiamo riempiti nella prima quindicina di maggio. L’uva spina, invece, che matura in genere a fine giugno è in pratica già pronta, La more hanno preso colore e saranno pronte forse a fine giugno. Quasi pronto il ribes”.
Soddisfazione dai piccoli frutti anche per Silvia Maria Chinaglia che ne La Capannina a Tredozio in provincia di Forlì, coltiva circa 1.000 piante di lamponi e 300 di more, in prova ribes e uva spina. “Siamo nati biologici nel 2011 perché vogliamo risolvere i problemi “naturalmente” – racconta la Chinaglia -. Abbiamo un terreno calcareo e quindi possiamo tenere sotto controllo la sostanza organica che produciamo grazie alla deiezione degli animali e alla lettiera del bosco. C’è, insomma, uno scambio locale. Mi chiamavano “la signora dei lamponi” perché ero uno dei pochi produttori, oggi le cose sono cambiate e le richieste sono in aumento. Io poi faccio conserve, succhi ma anche aceto aromatizzato di lamponi”.
Contenti i produttori e contenti i vivaisti. “Inizialmente – racconta Valerio Gallerati vivaista titolare di Vita Verde di Galliera in provincia di Bologna che segue circa 20.000 piante di piccoli frutti – c’è stata una mancata comprensione dell’agricoltore per queste produzioni ma adesso la situazione si è stabilizzata. Da noi c’è un problema di “terra pesante” e poi c’è stata sempre la preferenza per altri tipi di frutta”. Ma quali sono i berries preferiti? “In generale direi che piacciono tutti – racconta ancora Gallerati. – Quello che, però, mi da più soddisfazione è sicuramente il goji. Io sono 15 anni che lo produco ma il suo successo è iniziato 10 anni fa. è più facile da coltivare perché è simile al pomodoro”.