Il clima è cambiato ma la coltura del nocciolo resiste alla siccità

Alessandra Giovannini
“Il clima è cambiato, le precipitazioni sono in calo e il nocciolo è fra le colture arboree con la minor necessità di acqua”. A ribadirlo è Marco Babini, responsabile del Progetto Nocciolo per la cooperativa Terremerse di Bagnacavallo che ha investito su questo comparto per diffonderne la coltura nel territorio romagnolo. “Per dare numeri sulla produzione – aggiunge Babini – è ancora presto ma, già dalla prossima stagione potranno finalmente essere raccolte le nocciole piantate nel dicembre 2020”.
Con lui possiamo, comunque, fare un ragionamento sulla campagna attuale. “Seguo la corilicoltura di otto regioni – continua il nostro interlocutore -. In Emilia Romagna gli attuali produttori sono quasi tutti partiti con noi, nel 2020. Gli impianti in produzione sono in provincia di Ravenna, due a Mezzano di Ravenna e uno a Bagnara di Romagna, altri sono attorno a Modena e Bologna. Possiamo dire che le gelate, salvo casi particolari, non hanno inciso in maniera negativa e che le piante hanno prodotto molto”. Buone notizie per una coltura che vuole affermarsi sempre di più anche nella nostra regione. “Piemonte, Lazio e Umbria – conclude Babini – sono sicuramente le realtà che hanno i numeri più alti ma noi come Terremerse continuiamo a far conoscere il nostro progetto ribadendo le positività di questo frutto: vuole poca acqua, anche se rimane fondamentale installare impianti d’irrigazione a goccia, richiede poca manodopera, è tra le piante da frutto più meccanizzate e necessita di un basso impiego di agrofarmaci”.
Il produttore
Tra i produttori che hanno avuto difficoltà in questa campagna corilicola 2023, Luca Pretolani che ha iniziato a raccogliere le sue nocciole, tre ettari a Mezzano di Ravenna, il 25 agosto e ha terminato il 16 settembre. “Ho finito prima rispetto allo scorso anno perché c’era poco prodotto, almeno il 70% in meno.
Ho pesato 8 quintali, l’anno scorso 28 e tutto per colpa di una sola nottata di primavera, tra il 5 e il 6 aprile il termometro è sceso a -4,5 gradi, una gelata che ha compromesso un anno di lavoro. Dal 2 al 10 aprile è il periodo più pericoloso e lo è da diversi anni, almeno tre, quattro ma le albicocche, ad esempio, sono più sensibili. Insomma, è comunque ancora conveniente coltivare questa varietà di frutta secca.
La qualità è buona e sono anche più grosse perché ce ne sono di meno. E il problema della quantità è estesa in tutta Italia e, proprio per questo, i prezzi sono superiore alla media”.