La maternità è un diritto anche per le imprenditrici agricole

donne in agricoltura
BOLOGNA – Conducono aziende agricole innovative, si occupano di multifunzionalità ed agricoltura sociale, sono generalmente giovani e hanno almeno un diploma superiore

Le donne in agricoltura sono in costante aumento – oltre il 12% in più le donne occupate nel settore nel 2018 rispetto agli anni precedenti (dati Regione Emilia Romagna) – e hanno sempre più un ruolo determinante.

A non seguire questa tendenza in crescita sono le forme di sostegno e tutela nei confronti d’imprenditrici agricole e coltivatrici dirette, in particolare durante i periodi di malattia e maternità.
A portare all’attenzione queste problematiche davvero cruciali per un’agricoltura sempre più femminile è Luana Tampieri, membro dell’organo direttivo di Cia-Agricoltori Italiani Imola e presidente di Donne in Campo Emilia Romagna. Nei giorni scorsi, insieme ad una delegazione Cia, Donne in Campo e Anp) di Imola e Bologna – ha incontrato Patrizia Impresa, prefetto di Bologna.

“Ho avuto l’occasione di illustrare alla rappresentante più diretta del Governo sul territorio un tema che per le donne impiegate nel settore agricolo è davvero cruciale: la tutela durante il periodo di maternità, non assolutamente sufficiente per consentire a imprenditrici e coltivatrici dirette di continuare a gestire l’azienda. La nascita di un figlio, un fatto importante nella vita di una famiglia, viene spesso vissuto come un problema, tanto che alcune imprenditrici sono costrette a chiudere momentaneamente l’azienda. Perché con la minima tutela che viene garantita non si può pensare di assumere qualcuno che lavori al tuo posto e quindi le donne impiegate nel settore sono spesso costrette a fare una scelta davvero difficile. E nel 2019 non si può ancora chiedere a una donna, a un’imprenditrice giovane che magari ha fatto un investimento per aprire un’azienda innovativa, di scegliere tra lavorare e avere un figlio. Le donne peraltro sono penalizzate durante tutto l’arco della loro vita lavorativa perché è vero che nella cosiddetta Quota 100 è stata inserita l’Opzione Donna che dovrebbe facilitare il pensionamento, ma i criteri per accedervi sono molto restrittivi e non è facile per una donna, che spesso fa il doppio lavoro perché si occupa anche regolarmente della casa e dei figli, andare in pensione prima. Se vogliamo un settore agricolo dove ci sia spazio per l’imprenditorialità femminile – conclude la Tampieri – e dove le pari opportunità siano reali, allora bisogna cambiare decisamente rotta, verso una maggiore valorizzazione del lavoro delle donne e una minore distanza tra le tutele che spettano alle lavoratrici dipendenti rispetto alle autonome”.

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