Le manifestazioni negative dell’annata

Stefano Francia, presidente Cia Emilia Romagna
Gli agricoltori da sempre sanno affrontare le difficoltà in campo, fa parte del mestiere, come si suole dire. È il cumulo di diverse problematiche, ripetute nel tempo, che destabilizza le imprese, sottrae risorse fisiche ed economiche, abbassa o azzera i redditi.
Ora, anche i produttori più tenaci vacillano di fronte ad un articolato contesto dove crisi energetica, clima impazzito, nuove patologie vegetali, costi alle stelle mettono a dura prova la tenuta di una imprenditorialità che serve al (il) Paese: l’agricoltura è indispensabile, lo sappiamo bene.
Diventa pure noioso ricordare ciò che è in atto da tempo: una siccità che ha messo in ginocchio le colture in generale, foraggere e cereali in testa, le avversità atmosferiche che non danno tregua, i costi per l’alimentazione animale che penalizzano la zootecnia, le patologie della vite (la flavescenza dorata è, e sarà, un grave problema da risolvere), maculatura bruna delle pere.
Su questo tema, ed altri che riguardano questo frutto, Cia ha incontrato i rappresentanti di Unapera per affrontare questo momento difficile per la pericoltura dell’Emilia Romagna. La coltura, che vale il 35% della Plv frutticola e coinvolge 15mila addetti, sta attraversando un mare in tempesta: difficoltà produttive a causa di patologie aggressive, costi saliti alle stelle e soprattutto, con l’annata siccitosa, la pezzatura dei frutti è inferiore alla media.
Per questo motivo intendiamo sensibilizzare la Gdo affinchè dia maggior valore ad una produzione di eccellenza che quest’anno, nonostante la buona qualità, non raggiunge i calibri consueti.
Il consumatore siamo certi che apprezzi la qualità del prodotto seppur, in media, sia leggermente più piccolo ma dobbiamo garantire ai frutticoltori una equa remunerazione di questa eccellenza tipicamente emiliano romagnola. Il grande caldo ha condizionato la pezzatura di una produzione che negli ultimi 15 anni ha subito una contrazione delle superfici, passando da 23mila ettari ai 17 mila odierni.
Se non ci sarà una inversione di tendenza rischiamo di perdere ulteriori superfici con un danno economico ingente per l’Emilia Romagna, anche perchè in questo territorio, in particolare nelle province di Ferrara, Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ravenna, si coltiva il 70% della produzione italiana e il 90% circa delle pere Abate Fetel, punta di diamante del made in Italy.
Agenti atmosferici avversi, recrudescenza delle malattie frutticole fanno vacillare imprese agricole e il grande indotto che ruota attorno a questa eccellenza. Vanno quindi incentivati e sviluppati i processi di la ricerca nonché di miglioramento genetico e varietale al fine di individuare cultivar resistenti, più rustiche e in grado di ‘sopravvivere’ ai cambiamenti climatici ed alle malattie.
Si rende quindi necessario un confronto serio con gli attori della filiera e la Grande distribuzione in particolare perché, oltre ai problemi produttivi abbiamo assistito ad un aumento dei costi insopportabili per le imprese agricole.