Reti di imprese per un moderno agriturismo

Claudio Ferri

Claudio Ferri, direttore Agrimpresa

Giugno 2017

Vietate le formalità, niente cravatte, abiti assolutamente comodi. La formula vincente- ed anche un po’ trendy – è quella che mette al bando l’etichetta del desco, un ritorno alla tavola come fattore socializzante dove la genuinità deve essere vera, non costruita ad arte.

È l’elemento innovativo – e vincente – delle imprese agrituristiche che, ad oltre 30 anni dalla prima legge che disciplinava il settore, investono in nuove proposte che mettono al centro i luoghi di produzione come location per l’ospitalità. Nascono le cene in campagna, dove il pasto si consuma su tovaglie dal sapore antico e i commensali esplorano il cestino di vimini ricco di golose sorprese, rigorosamente all’ombra di vigne e ulivi. Si respirano i profumi della campagna mentre si consuma la genuinità dei prodotti, il tutto condito con le chiacchiere del vicino, magari sconosciuto: sì, perché i ‘social eating’ servono anche per dialogare, conoscere gente nuova, dal vivo e non con le diavolerie moderne proposte dalla tecnologia digitale.
È così che si evolve l’ospitalità rurale che, per la verità, inizialmente voleva coinvolgere ‘i cittadini’ nelle attività di campagna. La forchetta ha prevalso su forcone e rastrello, ma le imprese agrituristiche sono e restano la vetrina del territorio, la sintesi delle eccellenze alimentari, la memoria storica delle tradizioni contadine. Questo è ciò che vogliono soprattutto i turisti, conoscere le storie delle aziende e dei prodotti, cosa c’è a monte di una accoglienza fatta di sapori e di saperi. Chi investe per ospitare il viaggiatore internazionale sa poi che non può limitarsi a proporre solo la ‘piada’ o la crescentina (più conosciuta come tigella), ma deve dare un servizio qualificato a 360 gradi, saper interpretare le esigenze e le peculiarità dell’avventore e magari specializzarsi per segmenti di ospiti. Il cliente sportivo, dinamico e salutista, ad esempio, cerca nel piatto quel valore nutrizionale necessario per le sue imprese da raccontare agli amici, allo stesso tempo ha bisogno di una logistica puntuale che gli permetta di fare manutenzione alla sua costosa bike e sistemarla in una apposita ‘room’ (beh, in questo caso gli anglicismi sono quasi d’obbligo).
Specializzazione, quindi, in relazione alla specificità del territorio ed alle sue peculiarità, per aumentare l’offerta agrituristica e avere più capacità attrattiva. Occorre fare rete tra imprese, che possono diversificare i servizi e richiamare un ventaglio molto ampio di appassionati della campagna e delle aree appenniniche.
Nel recente Rapporto agroalimentare, la Regione ricorda che tra i primati dell’agricoltura dell’Emilia Romagna c’è anche quello che riguarda l’incidenza delle cosiddette attività secondarie e di supporto che consentono di diversificare e integrare il reddito agricolo – tra queste c’è l’agriturismo – ovvero un’azienda agricola che propone il pernottamento, la ristorazione, la commercializzazione di prodotti agricoli, le attività didattiche, sociali, culturali, sportive e più in generale tutte le offerte di intrattenimento sul territorio rurale gestite dagli agricoltori. Questa si chiama multifunzionalità.

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