Stefano Francia, Presidente Cia Emilia Romagna
Le quotazioni attuali (e degli ultimi mesi) dei cereali a paglia sono un reale disincentivo per gli agricoltori a intraprendere le semine autunnali di frumento. Già questa sintesi potrebbe bastare per capire la situazione dei produttori, consapevoli che seminare il tenero o il duro comporta un grosso rischio, ovvero quello di non coprire i costi di produzione.
Siamo usciti da un annus horribilis per il grano duro nazionale, con il record negativo di nemmeno 3,5 milioni di tonnellate totali, considerato soprattutto l’aumento delle superfici seminate nel Centro-Sud. Il tema è l’annoso problema del prezzo, con il grano duro quotato poco più di 30 euro al quintale, ancora al di sotto dei costi di produzione notevolmente aumentati negli ultimi anni.
Nell’areale produttivo emiliano romagnolo i grani teneri si sono salvati, con medie produttive superiori ai 60 quintali per ettaro, non una qualità altissima, ma adeguata alla stagione che ha evidenziato problemi di meteo avverso. I ‘duri’ sono stati penalizzati, soprattutto per quei campi in cui non si è riusciti a fare la prima concimazione. Il frumento è una delle coltivazioni cerealicole più diffuse in Italia, ma anche quella più a rischio per via dei costi di produzione sempre in aumento, dove mezzi tecnici incidono enormemente: questo determina una perdita di competitività.
Il prezzo del grano corrisposto al produttore crolla, mentre il costo di pane e pasta per i consumatori è sempre più alto, con profitti per mulini e pastifici. Le importazioni di frumento estero sono aumentate, provenienti anche da luoghi, dove per la produzione o ancora sono utilizzati prodotti chimici da tempo vietati in Europa.
C’è anche il tema della completa tracciabilità: la partenza di Granaio Italia in via sperimentale è una nostra conquista, ma da sola non basta.
A fronte di un’incertezza del prezzo, quindi, ai cerealicoltori servono anticipazioni colturali importanti a partire da settembre e ottobre, per andare a mietere e raccogliere a fine giugno, senza garanzie di ciò che si riesce a realizzare. Non manca l’impegno delle nostre imprese per produrre qualità, ma la spada di Damocle ‘prezzi’ pende su un settore che rappresenta una quota importante dell’economia agricola regionale e nazionale.



