Claudio Ferri
VEDRANA DI BUDRIO (Bologna)- “Siamo stati dimenticati da tutti, dalle istituzioni. E da Dio”. Era lo sfogo di Giuseppe Cazzani, agricoltore di Budrio, subito dopo la rottura dell’argine destro del torrente Idice, in località Vedrana, dove il produttore ha visto andare sott’acqua circa 140 ettari di terreni coltivati prevalentemente a mais.
Era disperato in quei giorni, mentre raccontava l’accaduto alla cronista dell’Indipendent, il giornale britannico che con una troupe televisiva ha documentato e raccolto testimonianze di imprenditori alluvionati. “Era il mais più bello che avessi mai avuto in tanti anni di attività – riferiva – e ci vorranno anni per ripristinare il terreno per renderlo coltivabile. Tra spese dei mezzi tecnici e mancato raccolto ho un danno di circa un milione di euro. È una cosa che fa male per chi ama il proprio lavoro, ma siamo agricoltori, abbiamo la pelle dura e ne abbiamo viste tante, aspettiamo che vada via l’acqua per sistemare e rifare il gioiello”.
A distanza di quattro mesi Cazzani non si è perso d’animo e ha iniziato a risistemare i terreni.
“Su 120 ettari si è depositato un materiale ‘bianco’ di 40 centimetri, talmente duro che sembra cemento. Lo abbiamo lavorato con difficoltà e sotto lo spesso strato c’era la melma. In certi punti con i mezzi ci siamo piantati, tanto era bagnato e pesante il terreno, inoltre, non siamo riusciti a lavorare questo strato sottostante perché la profondità è tale che il vomere non raggiunge gli stati inferiori. Poi – aggiunge Cazzani – altri 25 ettari sono stati ‘inondati’ da due metri di sabbia sporca, pieni di detriti di ogni genere: qui non possiamo farci nulla ed è terreno non coltivabile. Abbiamo chiesto alla Regione di aiutarci, di portarcela via, ma ancora non abbiamo avute risposte positive. Non sapremmo dove stoccarla e almeno non è stata classificata come rifiuto. Abbiamo avuto un incontro con il Comune di Budrio, per capire cosa fare, ma i rappresentanti delle istituzioni ci hanno detto che l’unica cosa che non è stata classificata come rifiuto e alla domanda di che cosa dobbiamo farne di questa sabbia non abbiamo avuto risposte. Ci stiamo muovendo per capire dove collocare questo materiale e una ipotesi è quella di riporlo a ridosso dell’argine dell’Idice per dargli una controspinta”.
Cazzani racconta di un atteggiamento di “scarsa disponibilità” da parte delle istituzioni ma è fiducioso. “Io coltivo complessivamente 260 ettari – principalmente in affitto, e ho anche terreni spazzati via dal torrente Sillaro oltre che nella zona di Baricella. Confermo che il danno complessivo è attorno al milione di euro. Nelle aree più critiche seminerò del frumento perché è la coltura meno costosa, non conoscendo quale sarà la risposta delle piante dopo questo evento, non abbiamo precedenti. Per la verità nel 2019 questi campi furono già allagati con un metro e mezzo d’acqua per una rottura dell’argine e per 20 giorni i terreni restarono sommersi, ma era solo acqua – termina Cazzani – e una volta defluita seminai regolarmente”.