Il quadro produttivo dell’Emilia Romagna quest’anno è più che mai incerto: i vigneti dell’intera regione presentano situazioni difformi, per quantità e qualità, dovute a numerosi fattori ormai noti: gelate, grandine, alluvione in Romagna e flavescenza dorata, il batterio che è diventato quasi un denominatore comune nelle superfici vitate.
A Piacenza i primi dati sulla raccolta, che è iniziata tradizionalmente con le uve da spumanti Pinot e Chardonnay, cui seguiranno Ortrugo e Malvasia, evidenziano elementi di ottima qualità, con muffe del tutto assenti, anche se in quantità lievemente ridotta a causa della siccità; ma le recentissime precipitazioni, senza grandine, sono sicuramente di buon auspicio per una miglior performance per le rosse.
In provincia di Piacenza sono 5.043 gli ettari a vigneti, tutti in collina, la produzione è valida, di qualità, con una produzione che oscilla, in base alle vallate.
Sul territorio reggiano le uve stanno recuperando il ritardo che avevano accumulato nella prima parte stagione vegetativa. È previsto il grosso della raccolta di uva in provincia attorno al 10 settembre e quindi indicativamente come l’anno scorso. È iniziata a fine agosto in tutta la fascia collinare la raccolta delle bianche (Spergola) destinata alla produzione di spumanti: la qualità è buona, come anche gradazione e acidità. Vengono segnalati diversi eventi grandinigeni che ci sono stati e hanno colpito la zona collinare e parte della Bassa e Val d’Enza: incideranno sulla quantità ma, fortunatamente, non sulla qualità dell’uva. Nel modenese e bolognese la situazione è analoga, con bianchi (moscato compreso) pronti per la vendemmia e pignoletto in lieve ritardo di maturazione. Oltre alle grandinate che hanno determinato ammanchi in molte aree, qualche lieve problema lo ha dato la peronospora. Bene i lambruschi con areali, nella Bassa, in cui la falavescenza dorata incide sulla quantità raccolta
In Romagna la vendemmia non si prospetta abbondante in quantità ma di alta qualità. Le proiezioni indicano una diminuzione dei quantitativi vendemmiati rispetto al 2022 che si può assestare tra il 5 e il 15 per cento in meno. Numeri che possono essere influenzati da molti fattori, soprattutto il perdurare delle alte temperature. “Fatti salvi gli episodi di grandine in cui i vigneti colpiti sono vendemmiati e separati dal resto, sulla qualità non riscontriamo dei problemi rilevanti dal punto di vista fitopatologico – commenta Marco Nannetti, presidente di Terre Cevico -. Sono due i dati censiti; i vigneti colpiti da alluvione coprono una superficie di 800 ettari, che per qualche giorno sono rimasti sott’acqua, mentre i vigneti abbattuti dalla tromba d’aria, in particolare nella zona di Alfonsine, sono più di 60”. La base societaria di Terre Cevico conta circa 7.000 ettari. “Si prevedo tempi di maturazione più lenti dovuti al caldo, con l’inizio della vendemmia oltre una settima rispetto all’annata scorsa. Il grosso sarà a metà settembre, con le preci dopo Ferragosto, lo scorso anno si era iniziato prima”.
La produzione di uve subirà una contrazione anche nel ferrarese a causa delle gelate di aprile prima e delle forti grandinate che hanno colpito un ampio areale del territorio. Per questo motivo Maurizio Zavaglini, che nell’argentano coltiva 10 ettari tra Fortana, il tipico vino delle Sabbie, Lambrusco e Trebbiano, afferma che “è difficile dire con precisione quale sarà la media produttiva. Le uve non danneggiate sono belle, vedremo a fine settembre quale sarà il risultato effettivo. Voglio però sottolineare che il vero problema dei viticoltori è il prezzo che ci viene pagato per i nostri prodotti è assolutamente inadeguato ai costi di produzione – dice Zavaglini -, come avviene per molti altri prodotti agricoli”.