Pesche, alti consumi e qualità non smuovono i prezzi alla produzione

Luglio 2015

Alessandra Giovannini

DALLA REDAZIONE – È ormai assodato che il comparto peschicolo soffre di una crisi strutturale. In una annata in cui c’è qualità e i consumi sono elevati, i prezzi alla produzione non corrispondono alle aspettative dei produttori.
Il comparto di pesche, nettarine e percoche vanta in Italia una produzione annuale di 1,3-1,5 milioni di tonnellate, confermando il nostro Paese leader a livello europeo assieme alla Spagna, dove la produzione complessiva varia da 3,5 a 3,9 milioni di tonnellate.

Nell’ultimo decennio la superficie destinata a questo prodotto particolarmente strategico è diminuita di 20.000 ettari, principalmente negli areali produttivi del Centro e del Nord Italia. Questa riduzione non ha modificato le quantità prodotte e ha confermato il Sud del Paese come la principale area di coltivazione con più del 50% delle quantità complessive. Le esportazioni rappresentano mediamente un quarto della produzione e da questo si evince l’importanza del consumo nazionale che, a fronte di una riduzione complessiva dei consumi di ortofrutta, fa registrare una leggera crescita per le nettarine.

L’importante rinnovamento varietale di questi anni ha, infatti, permesso un rilevante miglioramento qualitativo in grado di rispondere alle attese dei consumatori. I dati sono di Ortofrutta Italia, che mette a confronto gli interessi di 390.000 aziende agricole singole o associate, 850 cooperative agricole, 260 organizzazioni di produttori, 300 imprese commerciali, 700 grossisti, 40 aziende della distribuzione moderna e 160 industrie alimentari. La stessa organizzazione che il 17 luglio ha presentato all’Expo a Milano (vedi articolo a pag. 10), assente per impegni il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina, la campagna di promozione e comunicazione dedicata alla pesca, uno dei frutti simbolo dell’estate.
“La crisi della pesca è ormai organica e strutturale – ha affermato Nazario Battelli, presidente dell’organizzazione interprofessionale in occasione della presentazione – si sono rivelati inapplicabili gli accordi che tendono alla riduzione della quantità, per puntare invece sulla qualità, perché il mercato è molto aperto e c’è il timore di dare troppo spazio ai competitor spagnoli. Su questo mi sento di eccepire perché le statistiche degli ultimi anni vedono una importazione di pesche e nettarine, seppure in aumento, mai sopra al 5-6% nel periodo estivo”. Ma se ai consumatori l’attenzione alla stagionalità, alla territorialità e alla qualità, come fattori di stimolo al consumo di pesche e nettarine nel momento giusto della stagione sarà rilevata da manifesti, locandine in migliaia di punti vendita su tutto il territorio nazionale, i produttori ricorderanno questa stagione come l’ennesima campagna dove i prezzi pagati ai produttori coprono con difficoltà i costi sostenuti.
“È importante – sottolinea Dino Scanavino, presidente nazionale Cia e coordinatore di Agrinsieme – garantire un prodotto di qualità ai cittadini consumatori, abbattere le inefficienze e gli sprechi della filiera e assicurare l’equa ripartizione del valore a tutte le componenti produttive, a partire dagli agricoltori”. Ed è la stessa Agrinsieme a evidenziare come questo stato di difficoltà sia reso più grave dalla mancanza di un importante sbocco commerciale per le nostre produzioni estive, rappresentato dalla Russia, a causa della proroga di un anno dell’embargo, attivata dalla Federazione russa. Al riguardo il ministero delle Politiche agricole ha reso noto che a Bruxelles la Commissione ha presentato al competente Comitato di gestione il progetto di regolamento Ue per nuove misure a favore del settore ortofrutticolo colpito dall’embargo russo.

Per l’Italia è previsto un plafond di ritiri complessivo di circa 50 mila tonnellate di prodotto e, in particolare per pesche e nettarine, 9.200 tonnellate. A questo si aggiunge anche un ulteriore plafond da 3 mila tonnellate che può essere gestito a livello nazionale. Anche il Commissario europeo all’Agricoltura Phil Hogan, aveva assicurato, nel corso della sua visita ufficiale a Roma il 13 luglio, “di preparare una nuova misura eccezionale per il settore di frutta e verdura allo scopo di mitigare il rischio di turbativa del mercato”. Questi interventi, ha spiegato Scanavino, “potranno contribuire a dare sollievo ai produttori e alle cooperative, togliendo dal mercato europeo quantitativi di prodotto che, non potendo raggiungere la Russia, appesantiscono l’offerta interna con conseguenze al ribasso sui prezzi”.
Tutto questo proprio quest’anno che, dopo oltre un decennio di calo, vede i consumi di frutta in Italia leggermente in risalita, anche se ancora molto lontani dai dati del 2000. L’allarme sui prezzi arriva anche dalla regione Emilia Romagna che da sola produce oltre il 50% delle nettarine italiane e il 20% delle pesche, per voce del presidente della Cia regionale Antonio Dosi. “Dopo un avvio di campagna caratterizzato da prezzi medio-bassi, in quest’ultimo periodo stiamo assistendo ad un vero e proprio crollo delle quotazioni di pesche e nettarine, che sono ormai almeno del 40% al di sotto dei costi di produzione. Le cause sono molteplici, molte congiunturali (la sovrapposizione delle raccolte nei diversi areali produttivi, la situazione meteo che non stimola il consumo di un frutto tipicamente estivo come le pesche e le nettarine), mentre altre sono oramai strutturali. “Riteniamo sia necessario ed urgente attivare alcune misure nel tentativo di mitigare gli effetti della crisi e tentare di attivare un ‘rimbalzo’ delle quotazioni per il resto della campagna – prosegue Dosi – Nello specifico, ottenere dall’Unione europea il riconoscimento di “grave crisi di mercato” con i provvedimenti conseguenti previsti dalla Ocm unica. Serve inoltre attivare, in sinergia fra loro, tavoli di confronto nelle Regioni produttrici e presso il Dicastero agricolo (con istituzioni, rappresentanze delle organizzazioni agricole, delle organizzazioni dei produttori e della Distribuzione organizzata) per concordare misure di promozione, governo dell’offerta (quantità e qualità), controllo della dinamica dei prezzi nei vari passaggi della filiera, oltre alle misure di sostegno previste per i settori in crisi”. In prospettiva futura l’associazione agricola ritiene infine necessaria ed ineludibile una riforma radicale della legge che regola l’attività degli Organismi interprofessionali, sia come quadro regolamentare comunitario, sia come norma nazionale. Per la Cia di Ravenna, provincia dove sono stati impiantati i primi pescheti specializzati, poi, l’ennesima crisi dell’ortofrutta, in particolare per pesche e nettarine, non è un problema solo delle imprese agricole ma dell’intera economia del territorio in termini di occupazione ed indotto. L’agricoltura è molto importante per l’economia della provincia, il settore ortofrutticolo in particolare per la produzione di pesche e nettarine. Considerando anche l’indotto che muove il comparto nel campo dei servizi, dei trasporti, dell’occupazione. Un drastico ridimensionamento della frutticoltura rappresenterebbe un forte impoverimento per tutta l’economia provinciale, il problema quindi non è soltanto “agricolo” ma è un problema sociale che riguarda l’intero territorio, del quale la comunità deve essere consapevole. In prospettiva, la Cia di Ravenna ritiene che nella nuova Ocm unica si devono individuare gli strumenti che consentano, in caso di crisi gravi come quella presente, la salvaguardia di un minimo reddito per i produttori, come la programmazione delle produzioni frutticole, l’attivazione dei fondi mutualistici, utilizzando risorse che spettano al settore sulla base di una più giusta ripartizione dei fondi fra i vari comparti dell’agroalimentare. Il funzionamento dell’Organismo interprofessionale con una modifica che regoli la sua attività in sede comunitaria e nazionale e che fissi regole per la produzione, commercializzazione e la vendita che tengano conto di una giusta remunerazione per tutti gli attori della filiera. Superare gli svantaggi competitivi in ambito Ue legati agli oneri fiscali e contributivi, all’utilizzo di prodotti fitosanitari autorizzati, al costo dei mezzi tecnici, energetici e di quelli relativi ai costi della burocrazia.

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