Piante officinali, la nuova Legge riconosce all’agricoltore la possibilità di effettuare una prima trasformazione

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Alessandra Giovannini

Nella riunione del 12 gennaio della Conferenza Stato – Regioni e Province autonome è stata raggiunta l’intesa sul Decreto del ministro Stefano Patuanelli relativo alle piante officinali, adottato di concerto con il ministero della Transizione ecologica e con il ministero della Salute.

Un provvedimento – ha detto Alessio Mammi, assessore all’Agricoltura, agroalimentare, caccia e pesca della Regione Emilia Romagna -, che riconosce come attività agricola la coltivazione e le lavorazioni connesse di prima trasformazione e vuole stimolarne lo sviluppo e l’innovazione. Una realtà questa, che ha radici antiche e grandi potenzialità ancora inespresse e che valorizza le tradizioni e le culture dei nostri territori rurali, nonché la biodiversità che contraddistingue l’Italia e i nostri territori.

Le piante officinali, con l’introduzione del “Greening” sono state equiparate a colture che possono entrare a tutti gli effetti nella rotazione, e permettono all’azienda agricola di assolvere all’obbligo di diversificazione colturale, oltre che di aree a valenza agroalimentare”.

Motivo di soddisfazione per Sauro Biffi, direttore del Giardino delle erbe “Augusto Rinaldi Ceroni” di Casola Valsenio, nato nel 1938 e dove sono presenti 480 specie di piante officinali collaboratore per la stesura del decreto.
“Oggi finalmente, posso vedere i risultati. È stata modificata una legge del 1933, molto vecchia e superata. Adesso, le aziende agricole potranno coltivare queste piante con più tranquillità. Il decreto legislativo, infatti, riconosce l’agricoltore colui che coltiva raccoglie ed effettua anche la prima trasformazione  per rendere il prodotto oggi commerciabile, può così distillare od essiccare, defogliare, sminuzzare e vendere il prodotto finito all’ingrosso a laboratori, ad artigiani, a negozi. Una vera tutela per l’agricoltore”.

Interessante anche l’aspetto commerciale. “Non si parla di vendita diretta al consumatore finale – specifica ancora Biffi – che può essere ugualmente effettuata a condizione che ci si metta a norma con le leggi vigenti. L’agricoltore se non è in possesso di titolo di erborista non può miscelare le erbe. E può vendere all’ingrosso, non è specificato cosa si intenda per ingrosso perché ogni erba, ogni prodotto ha un valore differente. Per confezionare e vendere al consumatore finale l’azienda deve dotarsi di apposito laboratorio od appoggiarsi ad aziende estere abilitate”.

Sono tanti i giovani, oggi anche più preparati e attenti, che si stanno dedicando a questo settore e il Giardino di Casola Valsenio può essere un punto di riferimento anche per loro come lo è già per tanti esperti del settore, erboristi, agronomi, tecnici. Piccoli agricoltori stanno già facendo la loro strada coltivando ed essiccando le erbe per poi distillare, un po’ come si faceva nelle vecchie aziende agricole dove le attività erano tante.

“Naturalmente – conclude Biffi -, il decreto dovrà essere integrato, molti sono ancora i punti da definire e ogni regione deve avere un suo elenco specifico e dettagliato. È un mercato molto attivo in Italia e all’estero, le richieste sono in continua crescita, occorre soddisfare sempre di più il settore della cosmesi, alimentazione, farmaceutico. Settori ai quali serve il tarassaco, il tiglio, la melissa, la malva, la camomilla, la valeriana, il timo, la salvia. Tutte piante tipiche del nostro territorio”.

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