Stefano Francia, Presidente Cia Emilia Romagna
Le barriere doganali fanno paura, all’Italia e all’Emilia Romagna. La Conferenza economica Cia ha messo in luce ciò che potrebbe rappresentare per il Paese l’introduzione dei dazi, argomento trattato ampiamente su Agrimpresa.
I dati dell’export nel 2004 sembrerebbero confortanti, ma rischiano di essere un fuoco di paglia se la diplomazia non pone un argine sugli annunci che arrivano da Oltreoceano. Se le regioni più vulnerabili i caso di nuove tariffe sono Sardegna e Toscana con vini e formaggi, resta il fatto che gli Stati Uniti valgono quasi il 12% di tutto export agroalimentare nazionale, prima nella classifica dei Paesi Ue. L’Italia, così come è stato ribadito in sede di Conferenza economica, può e deve essere capofila in Europa nell’apertura di un negoziato con Trump.
Riguardo al vino, a dipendere maggiormente dagli Stati Uniti per il proprio export sono quelli bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con una quota del 48%, i vini rossi toscani Dop (40%), i piemontesi Dop e il Prosecco Dop (27%). Si tratta di numeri importanti che nel caso di balzelli doganali potrebbero favorire competitori di altre nazioni.
Anche per l’olio d’oliva italiano gli Stati Uniti hanno un peso significativo, ma meno sostituibile nella spesa degli americani, mentre sono meno esposti il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano.
L’analisi Nomisma però non lascia indenne l’Emilia Romagna che sarebbe comunque soggetta a ripercussioni importanti.
Un altro tema che Cia sta portando avanti con forza sono le aree interne, sempre più penalizzate anche alla luce degli eventi catastrofali degli ultimi anni. Occorre dotare le zone svantaggiate con servizi adeguati per garantire la permanenza ‘in sicurezza’ delle popolazioni, che a loro volta, con una presenza capillare, contribuiscono al rallentamento del degrado idrogeologico.
Poi c’è il tema dello squilibrio degli aiuti comunitari: da una analisi dei dati sui pagamenti diretti della Politica Agricola Comune si evince che una quota importante dei fondi viene assorbita da un numero ristretto di grandi aziende agricole, lasciando ai piccoli e medi agricoltori solo una parte residuale delle risorse disponibili.
È su questo tema che ci dovremo confrontare nell’immediato futuro, un ennesimo input che è scaturito dalla Conferenza confederale di Roma.