Claudio Ferri
DALLA REDAZIONE – “Attraversiamo una fase particolarmente depressa dei mercati ed è difficile per gli agricoltori fare degli investimenti colturali, specialmente per quel che riguarda i cereali primaverili”. Lo dice Antonio Dall’Amore, direttore settore cereali, proteici e colture sementiere di Terremerse.
“Rispetto l’inizio dell’anno abbiamo cambiato l’impostazione perché ci aspettavamo una risposta importante dai cerealicoltori a seguito della riduzione degli investimenti in grano – osserva – ma questa situazione ha sottratto entusiasmo agli agricoltori, sebbene auspichiamo un minimo di interesse per il mais che, purtroppo, è ai minimi storici, tranne una conferma di questo cereale da impiegarsi per le agroenergie”.
Il sorgo, invece, potrebbe prendere quota, ma è un prodotto ‘locale’, mentre il girasole dovrebbe confermare le superfici. “Ci sono stati importanti investimenti nel 2023 – osserva ancora Dall’Amore – e ora siamo tornati a prezzi normali, per cui a mio giudizio rimane una valida alternativa”. Dovrebbe reggere la soia, “che sta ancora quotando e sarà un prodotto seminato anche in primo raccolto, anche se spesso è usata a seguito di un›altra coltura”. Insomma, difficile trovare un’alternativa che sia economicamente percorribile se non in Romagna.
“In quei territori sono aumentate le colture da seme – precisa Dall’Amore – e con i bassi prezzi bassi dei cereali, il terreno ‘libero’ è stato riconquistato da queste coltivazioni importanti”. Pisello e cece sarebbero proteaginose interessanti, ma esprimono volumi ridotti, difficilmente sostenibili dal punto di vista infrastrutturale. “La coltura del mais, in forte declino specialmente nel ravennate, resta un investimento per coloro che hanno una forte specializzazione in grado di consentire una sufficiente marginalità – dice ancora Dall’Amore – e necessita di tecniche agronomiche specializzate per ottimizzare i costi. Il rischio è che si perda col tempo un saper fare”. In sostanza le semine saranno dettate soprattutto dalla necessità di osservare le rotazioni colturali.
“Non credo inoltre- conclude Dall’Amore -, che ci sia un incremento esponenziale della medica, settore un po’ in difficoltà, peraltro già da alcuni anni in una situazione congiunturale”.



