Novembre 2015
Alessandro Squeri, vice presidente giovani Federalimentare
Il giornalismo d’inchiesta ha un ruolo chiave in un Paese democratico e in una economia libera, per questo è sempre benaccetto, o meglio quasi sempre.
Se infatti si abusa del potere mediatico con finalità polemiche e di sensazionalismo, facendo passare un messaggio impreciso e fuorviante, si trasforma il potenziale beneficio in un grave danno per tutti: agricoltori, industriali e consumatori.
Mi riferisco al video delle ‘Iene’ sulle importazioni di pomodoro cinese. Al di là del giudizio generale sul programma, il servizio andato in onda è dannoso sia per i nostri consumatori, sia per il nostro sistema agricolo e industriale. Sostanzialmente per due motivi. Innanzitutto contiene informazioni non corrette: perché un servizio sia credibile deve basarsi su fatti certi e verificati, non sulle dichiarazioni prese di nascosto da un venditore cinese.
È come chiedere a un guerrigliero dell’Isis cosa ne pensa del Santo Padre. E infatti emergono chiaramente informazioni erronee come per esempio il dato per cui questa singola azienda cinese avrebbe venduto fino a 120.000 tonnellate di concentrato in Italia. Questo è un numero chiaramente irrealistico e basta guardare i dati di import/export per rendersene conto. Infine, proporre nel video l’immagine dei pelati, che notoriamente sono fatti solo da pomodoro fresco italiano, e non possono “essere ricostruiti” dal concentrato, è un’operazione mediatica scorretta che passa un messaggio sbagliato e colpisce un prodotto che è invece un orgoglio del made in Italy.
Il servizio, a mio avviso, è stato poi impostato in modo da colpire indiscriminatamente tutte le aziende del settore conserviero.
Se c’è qualcuno che sta operando in maniera scorretta sull’origine dei prodotti è necessario intervenire e denunciarlo pubblicamente. Se il servizio si fosse focalizzato sul cercare prove su chi opera in maniera illegale sarebbe stato un utile contributo alla trasparenza del mercato, invece ha accusato in maniera generica l’intero settore italiano del pomodoro, andando a penalizzare il 99% delle aziende che sono quelle che lavorano solo prodotto italiano e lottano tutti i giorni sui mercati internazionali per promuoverlo e valorizzarlo.
Infine, a voler guardare la realtà, ad oggi più che la Cina dovremmo temere la Spagna e il Portogallo. Questi stati pur essendo in Europa, coltivano il pomodoro secondo regole molto meno rigorose di quelle italiane. Usano molti dei prodotti chimici usati in Cina e hanno norme differenti riguardo rotazione e protezione dell’ecosistema circostante. Il loro prezzo sul mercato è quindi molto minore del nostro, tuttavia i loro prodotti sono erroneamente assimilati a quelli italiani in termini di qualità e sicurezza alimentare.
Un ‘approfondimento’ come quello delle Iene vanifica gli sforzi che sta facendo l’industria conserviera italiana per promuovere il nostro pomodoro nel mondo. Mi auguro che questo episodio faccia comprendere a tutti che al posto di sterili polemiche sarebbe meglio collaborare per promuovere insieme il made in Italy e per evitare di fare la fine dei polli di Renzo, che si beccavano mentre andavano verso la loro fine.