Giugno 2016
Alessandra Giovannini
DALLA REDAZIONE – “Grazie a fattori e condizioni favorevoli l’Emilia Romagna detiene nel settore sementiero il primato in ambito nazionale”.
Lo sottolinea Daniele Govi, responsabile grandi colture e sementi della Regione Emilia Romagna.
“La nostra regione – prosegue Govi – rappresenta quasi un terzo del valore della produzione nazionale, con un’incidenza che supera il 90% nel caso di bietola e di alcune ortive, ed è tra le prime regioni in Europa per moltiplicazione e produzione di sementi. Si stima che in Emilia Romagna le aziende interessate a queste colture siano oltre 10.000, con una superficie investita che nel 2015 si è attestata sui 46 mila ettari complessivi”. A questi vanno aggiunti gli oltre 13 mila del coriandolo.
“Questa è la vera novità degli ultimi cinque anni – prosegue Govi -. È una produzione di recente introduzione che sta conoscendo uno sviluppo vertiginoso. I dati statistici sono carenti, la sua presenza non viene rilevata ma per questa coltura il 2016 sarà ancora migliore”.
Eppure non è un’erba tipica delle nostre zone. Come mai una presenza così importante e in crescita?
“È grazie – dice Govi – alla capacità di alcune nostre imprese sementiere che hanno avviato il mercato estero, orientale in particolare, realizzando con diversi committenti accordi commerciali che riconoscono la qualità e la competitività delle nostre produzioni. Da noi, insomma, si moltiplica e produce la semente che viene poi esportata nei Paesi che più la utilizzano”. Ma torniamo ai dati e alle colture tradizionali. “Dei 46 mila ettari – prosegue Govi – circa 12 mila riguardano specie a carattere intensivo e a elevata redditività e valore aggiunto, come la barbabietola e la maggior parte delle orticole.
Le ditte sementiere attive in Emilia Romagna sono circa 75 e rappresentano circa un terzo del totale nazionale. Sono dislocate in tutto il territorio, ma la presenza maggiore si riscontra in provincia di Forlì-Cesena, seguita da Bologna e da Parma.
Si tratta di imprese sia di piccola dimensione che operano solo in alcuni settori, sia medie o grandi e moderne aziende, che possiedono impianti tecnologicamente avanzati e strutture di ricerca e di assistenza ai produttori”.
Govi ricorda ancora che in regione operano le più importanti organizzazioni di produttori (Op) riconosciute, che hanno dato vita a un consorzio unitario, il Coams e che c’è uno dei laboratori specializzati tra i più prestigiosi a livello internazionale, il Laras che fa capo all’Università di Bologna, oltre ad una sede del Cra-Scs, una struttura che si occupa in particolare della certificazione ufficiale e attività correlate. Da anni, poi, è in vigore la Legge regionale n. 2 del 1998 che contribuisce a garantire il necessario isolamento spaziale delle colture, per evitare il possibile “inquinamento genetico” in modo da favorire la qualità delle produzioni. Ma come mai una concentrazione di produzione in una zona così circoscritta?
“La vera ricchezza – dice Govi – sono i produttori agricoli che negli anni hanno sviluppato una professionalità specifica e si sono saputi distinguere per capacità tecniche, doti indispensabili per la buona qualità e l’eccellenza delle produzioni regionali. Accanto a questo, le condizioni ambientali particolarmente favorevoli”.
Ulteriore stabilità o sviluppo del settore può essere favorito anche dalla realizzazione di intese di filiera o accordi quadro che interessino le diverse specie sementiere; la Regione Emilia Romagna al riguardo ha già da tempo promosso il raggiungimento di tali accordi che in alcuni casi si sono già concretizzati (ad esempio barbabietola da zucchero e foraggere), mentre in altri si sta lavorando su questi obiettivi.