Erika Angelini
Drastica flessione produttiva e problemi di qualità per il grano duro, va meglio per frumento tenero e orzo
La campagna cerealicola 2019 non ha soddisfatto pienamente i produttori, già in difficoltà per i cali generalizzati del settore ortofrutticolo, e nemmeno gli altri attori della filiera, in particolare quella del grano duro. Colpevole dei danni è, anche per i cereali, l’andamento climatico primaverile, che ha provocato numerosi problemi sia a livello produttivo che qualitativo.
Abbiamo fatto il punto con Marco Sacchi, responsabile conferimenti di Progeo Sca, che opera su un vasto areale da Bologna al mantovano, e Marco Leonardi, tecnico di Capa Cologna, una delle principali cooperative cerealicole del ferrarese.
“Nelle aree dove operiamo – spiega Sacchi – è andato bene da tutti i punti di vista solo l’orzo, con medie di 70-75 q/ha, sicuramente perché è un cereale precoce che è riuscito a vegetare bene in una fase precedente alle piogge di maggio. Per quello che riguarda il grano tenero la situazione è piuttosto variegata, con punte produttive estreme verso il basso o verso l’alto, e una media attorno ai 65 q/ha, molto scarsa per il nostro areale. I grani di forza, come Bologna e Rebelde, hanno mantenuto un buon tenore proteico, attorno al 14 e pesi specifici sugli 80, quindi in linea con gli standard richiesti. Molto più “instabili” i misti rossi, dove è risultata più evidente la forbice produttiva e qualitativa. Questa differenza, anche da azienda ad azienda, è dipesa molto dalla varietà, i più precoci sono stati favoriti dall’andamento climatico, ma anche dal tipo di semina e dalla possibilità di effettuare concimazioni e trattamenti nel momento giusto, cosa non sempre possibile a causa delle continue precipitazioni primaverili. Se i frumenti teneri non hanno dato, in molti casi, grandi soddisfazioni la nota dolente di questa campagna cerealicola è sicuramente il frumento duro. La media produttiva è davvero bassa, circa 50-55 q/ha in calo del 25-30% rispetto a quella degli ultimi cinque anni, fatto molto problematico sia per le aziende agricole che per la filiera della pasta. Alla mancanza di prodotto si aggiunge quello che è, probabilmente, il principale “nemico” di questa campagna cerealicola e del duro: la volpatura. Si tratta di un’alterazione cromatica provocata da alcuni micromiceti che colora la cariosside di bruno-rosso e rende difficoltoso gestire il frumento per la pastificazione, perché la pasta potrebbe risultare non uniforme a livello di colore.
Nessun allarme, invece, per il Don, una micotossina prodotta da alcune specie di Fusarium. In base alle analisi effettuate su tutti i campioni di frumento conferiti, il fenomeno appare contenuto e le poche partite colpite sono state segregate dal resto e destinate a usi non alimentari”.
Anche nel ferrarese, una vasta area produttiva che va dal Delta del Po fino alle zone a ridosso del bolognese, le medie produttive non hanno soddisfatto cerealicoltori e filiera di trasformazione. “Da Goro a Vigarano Mainarda, come credo in tutta l’Emilia Romagna, hanno tenuto solo i frumenti teneri precoci – spiega Marco Leonardi – sia a livello di performance produttive che di qualità. In generale, varietà come Rebelde e Bologna hanno prodotto circa 70 q/ha, ma ci sono state punte di 80-85 per frumenti rossi come il Bandera. Discreta anche la qualità, con livelli proteici oltre il 13-14 punti e pesi specifici appena inferiori o attorno agli 80. Sono andati peggio i frumenti tardivi, che hanno maggiormente subito le anomalie climatiche, in particolare le basse temperature di maggio seguite da quelle roventi di giugno. Le varietà più diffuse nel Basso ferrarese, i “biscottieri” come Bagou e Bisanzio, hanno prodotto appena 60-65 q/ha e hanno avuto notevoli problemi di qualità. Anche la nostra cooperativa ha analizzato la presenza del Don e devo dire che, in base ai primi risultati, sembra che il fenomeno rimanga a livelli contenuti. Per il duro la media generale è in linea con quella regionale, di appena 50q/ha, negli anni scorsi era sopra i 70, con cali produttivi che in alcuni areali hanno sfiorato il 50%. Non sono mancati diffusi problemi di fusariosi e di volpatura, che rischia di mandare in tilt la filiera della pasta italiana di qualità”.
Il malcontento dei produttori per la raccolta di cereali si estende anche ai primi prezzi registrati dalla Borsa Merci di Bologna.
“Le prime quotazioni, che arrivano a 210-215 euro a tonnellata solo per i frumenti di forza – conclude Marco Sacchi di Progeo –, non sono certo soddisfacenti per le aziende agricole, soprattutto rispetto all’anno scorso, quando le varietà del gruppo 2 e 3 sono arrivate tranquillamente sopra i 200 euro. Questi primi prezzi sono però centrati, perché l’andamento di mercato è prudente visto che sempre dipende dalle produzioni a livello internazionale, in particolare quelle di Russia e Ucraina. Anche il primo prezzo del duro non soddisfa ma, a causa delle poche semine in Canada e negli Stati Uniti, non sono escluse sorprese positive che potrebbero ripagare, almeno in parte, i cali produttivi”.