Claudio Ferri
L’Emilia Romagna rappresenta una vasta area di coltivazione di cereali, con superfici che vanno dai 220 ai 250 mila ettari tra grano tenero e grano duro, rendendo la produzione molto importante per una regione che vanta una grande tradizione nel produrre grani di qualità.
Nonostante i saperi degli agricoltori e la ricerca dell’eccellenza qualitativa, questi sono anni molto difficili. “La difficoltà è dovuta al fatto che le quotazioni sono globali – spiega Marco Bergami, cerealicoltore e vice presidente di Cia Emilia Centro – e la determinazione del prezzo coinvolge tutto il mondo, dal Canada alla Turchia, includendo anche paesi emergenti che hanno iniziato a produrre con qualità. I produttori italiani si trovano a concorrere con nazioni che hanno costi produttivi più bassi e sono, di conseguenza, molto più competitive. Se altrove si produce a 10, in Emilia Romagna si produce a 12, con marginalità che si assottigliano parecchio”.
Il cerealicoltore non può più essere improvvisato, ma deve specializzarsi. Oltre a conoscere le basi agronomiche, deve avere la capacità di ottenere informazioni su ciò che succede nel globo e deve tenere sotto controllo le scorte mondiali. “Questa visione d’insieme è necessaria per decidere il piano colturale del grano duro o tenero – precisa Bergami- e comprendere le esigenze di mercato. Insomma, deve avere una visione mercantile: se l’offerta di grano duro o tenero è elevata, le quotazioni rischiano di abbassarsi se, ad esempio, anche il produttore immette il proprio prodotto sul mercato”. Bergami ribadisce che tutto deve ruotare attorno ad una filiera organizzata.
“Per far progredire il settore è necessario dialogare con l’industria ed i produttori di pasta per capire le loro esigenze e seminare le varietà giuste – osserva – perché i consumatori sono disposti a spendere un po’ di più per la qualità, il che può dare dignità a tutti gli anelli della filiera stessa”. Ogni anno viene sottoscritto un accordo ‘quadro’ tra la Regione Emilia Romagna, le Organizzazioni dei produttori di cereali e Barilla. Questo accordo, in vigore da 19 anni, riconosce un ’plus’ ai cerealicoltori locali.
“Non abbiamo ancora certezze per il prossimo anno’ – dice ancora Bergami – poichè il ritardo è dovuto al decreto del Dicastero agricolo che stabilisce che dal primo gennaio 2026 partirà la Commissione unica nazionale (Cun) del prezzo del grano duro. La dicitura “quotazione grano duro” verrà tolta dai listini delle Camere di Commercio e il prezzo sarà stabilito a livello nazionale dalla Cun, probabilmente a Roma. Barilla sta valutando se le conviene firmare o non vincolarsi, data l’incognita rappresentata dalla Cun stessa. Per i cerealicoltori, invece, – conclude Bergami – il prezzo determinato dalla Commissione dovrebbe partire proprio dal costo di produzione: ovviamente aggiungendo un margine ragionevole per gli agricoltori”.



