Marzo 2015
Bruno Monesi
Per la prima volta dal 1984, il primo aprile i produttori agricoli non avranno alcuna restrizione sulla quantità di latte che producono.
L’Unione europea spera che la riforma, una delle più importanti, possa contribuire a sbloccare nuovi mercati in Asia e in Sud America, oggi riforniti da paesi rivali, come la Nuova Zelanda e gli Stati Uniti. I produttori di latte europei temono invece una forte instabilità come conseguenza della deregolamentazione. Dovendo parlare di latte non possiamo che partire dai prezzi.
Un litro di latte viene pagato in stalla meno di 40 centesimi, nella mia Coop di Parma lo trovo a 1 euro e 20, in salumeria arriva a 1 euro e 80. Un prezzo che dalla produzione al consumo si quintuplica. Un chilo di Parmigiano viene pagato alla latteria poco più di 7 euro, alla Coop 12 euro in offerta, mentre arriva a superare i 14 euro per il 30 mesi.
Un prezzo che si raddoppia. Il “latte comunitario ungherese”, solo per citarne uno, viene offerto ai nostri commercianti al di sotto dei 30 centesimi. Un prezzo ben al di sotto del minimo pagato ai nostri produttori. Per cui, se oggi in Italia non c’è da stare allegri, con i prezzi della concorrenza europea ci sarà da piangere.
Se poi pensiamo che questi prezzi piovono su un comparto latte diviso, sotto battuta da parte della Corte di giustizia europea e poco influente sul piano politico, c’è da essere molto preoccupati. Il futuro del dopo quote latte è già segnato dai prezzi che abbiamo citato e da un contesto che, per stare sul Parmigiano Reggiano, viene descritto come segue: “se non si apportano dei correttivi da qui al 2030 rimarranno solo circa 800 stalle rispetto alle 3.500 attuali”. Questa è l’estrema sintesi di un recente studio commissionato al Crpa dalla Regione Emilia Romagna. Si tratta di 3 stalle su 4 in bilico nei prossimi 15 anni. L’unica cosa che ci salva è l’alto valore qualitativo dei nostri prodotti. Un valore che sarà al centro del mondo agricolo ed alimentare nella prossima Expo 2015 che si terrà a Milano. In queste pagine abbiamo cercato di mettere insieme le criticità e i punti deboli di un sistema che dovrà fare i conti con la fine delle quote latte. Una ferita tutta italiana ancora da rimarginare.
Possiamo farcela?
Sì se si lavorerà per mettere in fila pochi ma decisivi correttivi: interprofessione, più risorse agli allevatori, meno burocrazia, efficienza nelle filiere. Vasto programma direbbe qualcuno, non impossibile, diciamo noi.