Export, i vini sfusi comuni incrementano del 22% e le famiglie riscoprono l’imbottigliamento domestico

vino sfuso

Alessandra Giovannini

DALLA REDAZIONE – Nei primi 9 mesi del 2019, come riportato da WineNews su dati Istat, l’Italia ha esportato vino per 4,6 miliardi di euro, con una crescita che ha sfiorato il +4% sullo stesso periodo del 2018, per un volume di 15,7 milioni di ettolitri, a +12%. Ad avere avuto l’incremento più importante sono stati i vini comuni che con 3,6 milioni di ettolitri, per lo più sfusi, hanno avuto una crescita del 22% in volume accompagnata, però, da una lieve flessione degli introiti, conseguenza della decisa riduzione dei listini alla produzione che nella campagna 2018/2019 ha toccato il 27%.

Un dato, quello relativo al vino sfuso, che ci ha incoraggiato a sentire i pareri di chi questo prodotto lo vende in gran quantità o, semplicemente, lo propone ai piccoli consumatori che, per tradizione o per curiosità iniziano, o riprendono, una consuetudine di famiglia. “L’export è sicuramente in aumento – commenta Giordano Zinzani, presidente del Consorzio Vini di Romagna -. Sono vini che partono dall’Italia per raggiungere soprattutto la Germania, Francia e Inghilterra. Questo, però, a differenza dell’imbottigliato è un mercato altamente flessibile perché varia con le vendemmie e, quindi, con i relativi prezzi. In pratica, il compratore si rivolge al mercato che propone quelli più bassi”. Diversa la situazione in Italia.
“Il consumo del vino sfuso nel nostro Paese – precisa ancora Zinzani – era una pratica casalinga degli anni “80. Quando oggi parliamo di questo prodotto, intendiamo il vino che le cantine sociali inviano agli imbottigliatori”. Ma c’è anche una novità. “In ristoranti e pizzerie – dice ancora Zinzani – sempre più spesso si utilizzano contenitori in acciaio, dei fusti con rubinetto da 20, 25, 30 litri simili a quelli delle birre. Erogatori di vino che hanno sostituto le classiche damigiane che piacciono molto anche ai consumatori. Dati statistici del fenomeno non ci sono ancora ma il trend è in aumento”.

MatteoAssirelliGrandi numeri, dunque, ma anche una fetta di mercato, sicuramente più piccola, che mantiene le abitudini dei nonni. Imbottigliare il vino, infatti, piace molto ai giovani. “È un modo – racconta Matteo Assirelli – per guardare al futuro con un occhio rivolto al passato”. Matteo di anni ne ha 28 e nel mondo del vino ci è nato e ci sta crescendo. Una passione di famiglia che coltiva in 16 ettari nell’Azienda Agricola Assirelli “Cantina da Vittorio” a Dozza.

“Finita la generazione dei nonni – racconta Assirelli – la tradizione di acquistare il vino e imbottigliarselo a casa stava scomparendo ma negli ultimi tre, quattro anni la passione è tornata, soprattutto nei giovani tra i 25 e i 40 anni”. Due, in particolare, le motivazioni. “Intanto un discorso economico – spiega Assirelli – poi anche la curiosità e la voglia di riprendere un’azione che, per molti, è stata solo un racconto”. La lavorazione del vino è fatta al 50% nella cantina dell’azienda e al 50% nella cantina di casa propria. E l’imbottigliamento è il passaggio fondamentale. “I giovani – continua Assirelli – sono molto attenti, seguono il periodo, i mesi più idonei e poi controllano le fasi lunari, le giornate senza vento, i luoghi più adatti, tutti parametri non fondamentali, ma sicuramente importanti. E poi sperimentano. In pratica la preparazione la fai a casa tua, nel tuo ambiente. Prendi la base del vino con grado zuccherino alto poi lo imbottigli e curi la rifermentazione in vetro e, quando lo bevi, puoi anche trovare del fondo nella bottiglia”.

E c’è chi, non più tanto giovane, dell’imbottigliamento, ne fa una vera e propria cultura. “C’è gente appassionata – conclude Assirelli – che prende il vino, lo imbottiglia e lo ordina per annate, crea etichette personalizzate. È un mondo che è stato sottovalutato per tanti anni ma adesso sta tornando”.

Per qualcuno, poi, la sensibilità verso i temi ambientali e dell’inquinamento ha un’importanza da non sottovalutare, quindi da più parti si sta cercando di ridurre la quantità di rifiuti da imballaggi e, tra questi, vi sono le bottiglie, la plastica e tanti altri materiali.

Inoltre, si riducono le emissioni inquinanti dovuti al trasporto della merce verso i luoghi di vendita.

NerioCassaniMa non imbottigliano solo i giovani e lo conferma Nerio Cassani che coltiva a vigneto 4 ettari di terreno a Ponticelli, nella Vallata del Santerno e che di anni ne ha qualcuno di più. “Una volta – racconta Cassani – nelle abitazioni c’erano le cantine, quelle adatte anche per il vino.

Oggi le cose sono un po’ cambiate ma la passione per il “fai da te” nel mondo del vino è ripresa. Io spedisco bottiglie a 1300 famiglie che fanno parte di un gruppo acquisto di Milano. Certo, non si fanno più i volumi di 15, 20 anni fa, ma si beve meglio e in modo più considerevole”. Importante, allora, coinvolgere il consumatore. “Il vino deve essere buono, di qualità. Questo, però, non basta. Occorre informare, insegnare, istruire chi si avvicina alle nostre cantine.

Coinvolgere il consumatore vuol dire spiegare com’è fatto il vino, da dove viene, come deve essere seguito. Per me è una vera soddisfazione, non si può pensare solo al guadagno anche se, proprio questo approccio, fa aumentare le vendite”.

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