Futuro incerto per l’agricoltura Ue

Stefano Francia, Presidente Cia Emilia Romagna

L’agricoltura europea è sotto assedio e non è un’esagerazione. Il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, ha lanciato un appello accorato che sento mio, e che dovrebbe risuonare in ogni angolo del continente. L’idea di un Fondo unico europeo, che minaccia di tagliare risorse e di raggruppare tutti i settori, non è semplicemente una scelta sbagliata: è un vero e proprio attacco al cuore pulsante dell’Europa.

Colpire la Politica agricola comunitaria significa mettere a rischio quello spirito comunitario che ha visto l’Europa nascere e crescere proprio grazie all’agricoltura. Adesso più che mai, in un contesto globale così incerto, l’Europa dovrebbe chiederci coesione e coraggio per difendere i nostri agricoltori e garantire la sicurezza alimentare globale.

L’ombra del 16 luglio incombe, è la data in cui la Commissione Ue presenterà la sua proposta di riforma della Pac. Una proposta accompagnata da un «oscurantismo» inaccettabile. Di fronte a un’Europa che sembra allontanarsi dall’ascolto e dal confronto con chi la terra la lavora, è tempo di dire basta alle divisioni interne. L’appello di Cia è chiaro: uniamo le forze, da Roma a Bruxelles, per una battaglia unitaria che impedisca la distruzione della politica più importante che assicura cibo a tutti.

La nostra mobilitazione è incessante: dalle campagne contro le rendite fondiarie alle lettere inviate alla Premier Meloni, dall’adesione alla petizione del Copa-Cogeca al lavoro tra i Paesi del Mediterraneo. La Pac non è solo un pilastro per il reddito degli agricoltori, ma è l’unico strumento in grado di incentivare lo sviluppo rurale e la tutela dell’ambiente.

Il Fondo unico è una minaccia su più fronti. Toglie autonomia alla Pac, riduce drasticamente le risorse e cancella le specificità agricole, creando disparità tra gli Stati membri. Ma non solo: mette in competizione settori vitali come agricoltura, salute, energia e ricerca, compromettendo l’integrità del mercato unico e l’intera Europa. Il nodo cruciale resta il budget, inadeguato ad affrontare le sfide globali, i livelli dell’inflazione e la necessità di garantire cibo sano e sicuro per tutti.

La posta in gioco è alta e riguarda tutti noi. L’agricoltura non è solo produzione, è la prima linea nella lotta contro la crisi climatica e il dissesto idrogeologico. Gli agricoltori sono i custodi del territorio e della biodiversità, un argine indispensabile contro l’abbandono delle aree interne.

Affrontiamo tutto questo in un contesto globale di crescente complessità. I conflitti e le tensioni geopolitiche hanno spostato l’asse dell’attenzione, ma Bruxelles dovrebbe ricordare che l’Europa è stata fondata sulla pace, non sulla guerra che alimenta la fame. Per questo, «anteporre il cibo alle armi» non è solo uno slogan, ma una necessità impellente.

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