Claudio Ferri
MODENA – Una tendenza che si protrae da anni: anche nel 2018 il Lambrusco si è confermato il vino più venduto nei super e ipermercati italiani.
“È un premio alle aziende vitivinicole che si sono impegnate per proporre uno standard qualitativo di livello, diversificando le produzioni come, ad esempio, lo spumante metodo classico, oltre che valorizzare le bottiglie con un packaging accattivante – commenta il direttore Consorzio di tutela del Lambrusco Ermi Bagni – sottolineando il grande lavoro svolto dai vignaioli e dagli enologi che, insieme, hanno dato valore aggiunto al rosso frizzante. Nel dopoguerra – osserva – avevamo dei bravi produttori di uva, ora ci sono viticoltori che seguono le piante con cura e nel rispetto delle buone pratiche agronomiche: insomma, un mix virtuoso che ha dato ottimi risultati”. Gli Stati Uniti rappresentano sempre il mercato più importante per il lambrusco, con oscillazioni lievi negli anni, ma che confermano il gradimento dei vini spumanti.
“Anche in Italia c’è questa tendenza – spiega Bagni – dove lo scorso anno le bollicine hanno fatto registrare un +1,7%.
Un altro mercato interessante extra Unione europea per il rosso è il Messico, come anche il Giappone in cui i consumatori cercano un prodotto di qualità e selezionato. Alla luce del recente accordo con la Cina, poi, si intravedono incrementi delle vendite anche in questo Paese”. Nelle province di Modena e Reggio Emilia la superficie investita a Lambrusco sfiora i 9.800 ettari dove il Salamino è di gran lunga il più coltivato (quasi 5 mila ettari,) a cui fanno seguito il Gasparossa (1.545 ettari) e il Lambrusco di Sorbara (1.352). “Il Consorzio sta portando avanti progetti per promuovere ulteriormente il lambrusco – precisa ancora Bagni – in particolare in Germania, Canada e ancora negli Stati Uniti.
All’estero, poi, il rosso frizzante più conosciuto è il Modena Doc, perché ricorda una città ed un territorio che è diventato un brand, quindi ‘suona’ più famigliare”.
Il Consorzio del lambrusco rappresenta le quattro Doc modenesi (Modena, Sorbara, Salamino e Grasparossa), per un totale di 32 milioni di bottiglie e 10 milioni delle 2 Denominazioni di origine controllata reggiane (Reggiano e Colli di Scandiano), mentre con la denominazione Lambrusco Igt (Indicazione geografica tipica) il numero delle bottiglie supera complessivamente i 145 milioni.
Lo scorso anno la produzione del rosso frizzante è stata nella norma “una vendemmia standard non equiparabile con il 2017 – sottolinea Bagni – annata in cui, con le gelate ed i danni da siccità, c’è stato un forte calo produttivo. Quest’anno ancora non possiamo fare previsioni e per il momento problemi non ce ne sono”.
Nel modenese un gruppo di viticoltori di collina intende differenziare la produzione rispetto a quella di pianura, in sostanza una distinzione nella tipologia di Lambrusco Grasparossa. Il progetto punta a definire l’eccellenza del territorio, pur restando nei confini della Doc.
“Il Consorzio è pronto a collaborare – conclude Bagni – e come indicazione suggeriamo di trovare un nome geografico per delimitare una sottozona e caratterizzare il prodotto in questo modo. Una volta individuata andrebbe legata alla denominazione Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, a cui aggiungere il nome della sottozona. Così facendo l’iter burocratico potrebbe concludersi nell’arco di un anno”.