C’era una volta un fiore all’occhiello della provincia di Ferrara e della Regione Emilia Romagna
Leggo su Agrimpresa (notiziario mensile di maggio della Cia), una denuncia a firma Erika Angelini una descrizione sullo stato di abbandono della Valle del Mezzano che oggi sembra essere degna di attenzione per il cattivo stato di conservazione dovuto alle innumerevoli discariche abusive delle più disparate materie di trattazione umana.
Quando il Mezzano era il Centro Pubblico di riproduzione di fauna stanziale “lepre, fagiano e starna”, e area di sosta di tutte le specie protette cacciabili di fauna migratoria, meritava attenzione ed interesse di tutte le rappresentanze di studio e ricerca presenti nel nostro paese.
Quella Valle bonificata, non abitata in modo residenziale, ha permesso la coesistenza fra ricerca vivaistica per la produzione di piante frutticole indenni da ervinia amilovora (colpo di fuoco), da fornire alle imprese una sana impiantistica.
La sua capacità riproduttiva ha permesso di dare autosufficienza faunistica agli Atc (ambiti territoriali di caccia), comprese le aziende faunistiche al punto tale che la benemerita Consulta provinciale adottò un provvedimento di divieto di acquisto e importazioni di lepri dall’estero. L’Ente nazionale della Cinofilia aveva a lungo sperato di farne uso esclusivo per la cinofilia di sangue blu a svantaggio della cinofilia in Slovenia.
Il volontariato venatorio è stato impegnato nella gestione: tutela della vivaistica, catture annuali nelle zone problematiche per i danni, controllo delle specie invasive nel rispetto delle norme regionali vigenti. Si può affermare che molti appetiti si erano scatenati anche dal punto di vista venatorio, perché nei periodi di migrazione di incontravano presenze di tutte le specie sia protette che cacciabili.
Il Centro Pubblico di ricerca, sperimentazione e allevamento selvaggina, non doveva essere messo in discussione per il suo valore ambientale e faunistico, per la sua peculiare convivenza fra agricoltura, riproduzione faunistica e tutela ambientale. Una scelta burocratica opinabile, ha minato le basi fondamentali del Centro e ha ridotto la struttura a semplice zona di ripopolamento e cattura. Scelta che ha permesso la creazione di un conflitto intercategoriale fra pubblico e privato sulla gestione di una specie invasiva “nutria”, che ancora oggi mostra i suoi limiti. Mi permetto di dare all’interessata articolista il consiglio di approfondire le sue ricerche per capire in modo chiaro e palese, dove sono riposte le pistole utilizzate a suo tempo per non comporre la questione.
Oggi un branco di lupi regola la consistenza faunistica.
Oggi una grande esperienza di valore nazionale e oltre, rimane una grande quasi abbandonata area tutelata da uno straordinario articolo 51 della legge 8/94, per evitare una possibile apertura della struttura all’esercizio venatorio.
Danilo Treossi (presidente Arcicaccia Ferrara)