Cinque motivi per dubitare di Fico

Lettere al direttore
Gentile direttore,
le scrivo alcune mie riflessioni su Fico, fabbrica italiana contadina da poco inaugurata, sperando che possano essere utili per stimolare un dibattito – non tanto e non solo su Fico – bensì sui temi e sui messaggi ad esso sottesi: agricoltura contadina/agricoltura industriale – settore primario o al seguito del turismo e dell’industria? – formazione ed educazione sul territorio o su una ricostruzione (finta) del territorio agricolo?
Ecco cinque motivi (almeno) per dubitare di Fico
1) Sui manifesti pubblicitari, si legge che Fico“mette l’Italia al centro del mondo”. Noi al centro e tutti gli altri in periferia? Oltre che alla mania di grandezza celata nel messaggio, ho pensato che in realtà il mondo è, e si vorrebbe rimanesse, multicentrico. Non mi piace un’attività commerciale che si presenta con slogan dal messaggio “pericoloso”, soprattutto in un periodo in cui il fenomeno migratorio evidenzia la difficoltà nel rapporto tra noi e le cosiddette periferie del mondo.
2) Questo di portare l’agricoltura in città, in mezzo a centri commerciali, ristoranti, giochi per bambini, sarà forse un’operazione dai risvolti economici interessanti (per gli investitori e per gli albergatori bolognesi), ma sicuramente, sradicando un’attività dal suo contesto geografico e culturale, mostrerà ai visitatori un’agricoltura finta.
3) «Tutta la biodiversità in un unico luogo». Quindi vi troveremo (cito) «agrumeti, uliveti», (notoriamente coltivazioni tipiche del territorio bolognese). Presumo gli agrumeti in serra. Tanto per ri-abituarci alla stagionalità dei prodotti? Per abituarci a volgere lo sguardo anche a quei pezzi di mondo dove la natura e il lavoro degli uomini offrono prodotti diversi dai nostri?
4) Fico si autodefinisce Fabbrica contadina. Secondo il dizionario, «fabbrica» è uno «stabilimento in cui si svolge una produzione industriale». Ossimoro. A meno che, non si voglia proprio introdurre il concetto che i cicli della natura, la terra, il lavoro contadino, sempre meno avranno a che fare con la nostra alimentazione, tanto c’è l’industria! Quanti contadini si sentiranno a casa loro visitando Fico?
5) Fico, si dice, ci mostrerà le eccellenze agroalimentari italiane. Sarebbe più onesto, e rispettoso delle regole della concorrenza, dire che verranno mostrate le produzioni agroalimentari di alcune aziende. In base a quali criteri sono state individuate come le più adatte a rappresentare le eccellenze italiane?
Domenico Isola
Parto dall’ultimo punto: la ‘disneyland’ dell’agroalimentare italiano deve anch’essa fare i conti con gli ingenti costi di realizzazione ed è intuibile che buona parte di queste risorse devono essere reperite ‘sul mercato’. Credo possa giustificarsi in questo modo la presenza “di alcune aziende”, come lei scrive. Resta il fatto che ciò che ha animato Fico è la volontà di mettere a disposizione un ‘grande circo’ del food italiano. L’intento è più che lodevole, in molti ci credono e l’auspicio è che porti grandi risultati a tutta la filiera, e sottolineo ‘tutta’. Il coinvolgimento economico e la condivisione di questo progetto è stato elevato, come lo sono le aspettative.
La ‘disneyland’ bolognese dovrà essere all’altezza di queste attese: trovare ‘spettacoli’ quotidiani appetibili, tali da coinvolgere i milioni di persone (6 all’anno) che si ipotizza transitino a Fico. Questo luogo non può essere solo un supermercato, peraltro non del tutto economico. C’è da chiedersi se dopo l’entusiasmo iniziale i bolognesi – e non solo – reitereranno lo shopping consapevoli di spendere qualcosa in più. Magari il centro di Bologna offre le stesse opportunità: lo sanno i turisti stranieri che l’acquisto di qualità è concreto anche sotto i portici del Pavaglione e nelle caratteristiche botteghe tra le due torri e Piazza Maggiore, un discreto valore aggiunto. Vedo inoltre un po’ complicata la viabilità dall’aeroporto e dalla stazione dei treni, per gli avventori che approdano nel capoluogo emiliano romagnolo, un aspetto da non trascurare. Tra un anno, quando le ipotesi lasceranno spazio ai dati certi dell’affluenza, ne riparleremo.
Claudio Ferri