Novembre 2014
RAVENNA – La produzione europea di pesche ha un potenziale produttivo sostanzialmente stabile dal 2000 ad oggi, ma con un calo di produzione di Italia, Francia e Grecia mentre la Spagna vede quasi raddoppiata la produzione dal 2000 ad oggi.
Il dato è emerso nel corso del 27° convegno peschicolo svolto a Ravenna e promosso dalle Camere di commercio di Ravenna e di Forlì-Cesena, con l’organizzazione tecnica del Cso e dell’Università di Bologna. “Aumenta la produzione medio-tardiva spagnola determinando una sovrapposizione con l’offerta del Nord Italia – ha detto Elisa Macchi, direttrice del Cso -, cambia quindi il calendario di raccolta delle pesche e nettarine europee. La Spagna ha investito sulle pesche piatte, con una offerta che ha oggi raggiunto le 220.000 tonnellate con indicatori di crescita del 300% negli ultimi 4 anni”. Per l’Italia si rilevano produzioni in crescita al Sud, mentre i potenziali produttivi sono in costante calo al nord con un forte decremento in Emilia Romagna compensato dai volumi prodotti dalle maggiori rese delle varietà coltivate. Sempre dall’analisi del Centro servizi ortofrutticoli pesche e nettarine rappresentano il 25% della Plv ortofrutticola italiana “ma l’offerta è troppo frammentata ed è per questo che è difficile trovare una condivisione”.
Emerge quindi con chiarezza la necessità di razionalizzare la gamma varietale con una offerta più riconoscibile dai consumatori. L’Italia è il primo paese consumatore d’Europa, con circa 6 kg di pesche per persona annui e si rileva un forte calo dei consumi nel Nord Europa: in Germania ad esempio i consumi di pesche e nettarine sono fortemente correlati ai prezzi ed è forte la tendenza verso i discount. Rispetto al 2002 la spesa per pesche e nettarine in Germania è calata dello 0,4%.
In questo contesto di forte difficoltà del comparto si colloca l’analisi profonda sui costi di produzione dell’Università di Bologna che ha evidenziato il forte gap di redditività della peschicoltura italiana evidenziando la necessità di recuperare per ogni ettaro coltivato circa 4/5.000 euro. Ma l’elemento di vera debolezza del comparto peschicolo italiano è la frammentazione dell’offerta e la mancanza di conoscenza dei reali potenziali produttivi nazionali.
“Il nostro handicap – ha affermato l’on. Paolo De Castro a conclusione dei lavori – rimane sempre quello dell’immissione di prodotto sul mercato, la Spagna cresce e noi invece rimaniamo fermi. La Spagna esporta per 8 miliardi e mezzo mentre l’Italia ne esporta solo 3,5 miliardi. Dobbiamo quindi risolvere i problemi con una maggiore dimensione organizzativa. Siamo gli unici in Europa che non riescono a spendere tutti i soldi dell’Ocm ortofrutta e dobbiamo organizzarci di più sul mercato – ha concluso De Castro – aggregandoci e saper cogliere l’opportunità dei Piani di Promozione che prevedono un ampliamento delle risorse destinate alle imprese con 60 milioni di euro a disposizione.”