Una campagna del pomodoro funestata dalla crisi idrica: ora si lavora per invasi idonei e per l’etichettatura d’origine

Settembre 2017

Cristian Calestani

PARMA – Poche piogge e poca neve in inverno sui monti e poi scarsissime precipitazioni in tutto il periodo primaverile, ad anticipare una delle estati più calde di sempre.

La campagna del pomodoro da industria del 2017 che sta volgendo al termine – si era ormai raggiunta la consegna del 90% del prodotto contrattato al momento di andare in stampa, con un brix medio di 4,72 – ha avuto soprattutto un unico grande nemico: la crisi idrica che ha creato non pochi timori e grattacapi, soprattutto a luglio nella fascia a Sud della via Emilia, specie nelle province di Parma e Piacenza, dove nel 2017 si è registrato il 70% di precipitazioni in meno rispetto al 2016, tanto che il Governo ha riconosciuto lo stato di emergenza nazionale per il parmense ed il piacentino.

“La campagna 2017 – ricostruisce Tiberio Rabboni, presidente dell’Oi Pomodoro da industria del Nord Italia – è partita con alcuni giorni di anticipo rispetto agli anni scorsi, visto che le temperature elevate hanno accelerato la maturazione del prodotto in campo. I ritmi di consegna sono stati da subito molto elevati, con una consistente concentrazione di prodotto nelle imprese di trasformazione in tutto il mese di agosto. È stata, pertanto, una campagna dai ritmi molto intensi, e con riserve idriche ridotte ai minimi termini. Solo l’attenzione della filiera nella ricerca di varietà sempre meno idroesigenti e il ricorso a tecniche di irrigazione sempre più mirate, ha permesso di contrastare queste difficoltà. Si è avuta però la conferma che la crisi idrica non è un’emergenza sporadica, bensì cronica, che richiede interventi di medio lungo termine, primo tra tutti la realizzazione di idonei invasi in cui immagazzinare l’acqua nei periodi dell’anno in cui è presente”.

Un messaggio che la filiera, con un deciso intervento in tal senso dell’industriale Francesco Mutti, ha ribadito all’assessore regionale all’Agricoltura Simona Caselli, in occasione della consueta visita alla filiera di metà campagna. Tra i dati positivi figura l’incremento delle superfici bio, che sono state pari a 2.310 ettari per il 2017, raddoppiando in soli due anni. Nel frattempo dall’Oi è arrivato un positivo esempio di filiera coesa, con l’istituzione di un fondo di emergenza per contrastare il diffondersi della batteriosi Ralstonia Solanacearum, che ha intaccato 41 ettari in tutta l’Emilia Romagna, colpendo prevalentemente le province di Parma e Ferrara. Grazie ad un accordo tra parte agricola e parte industriale, l’Oi si è impegnata ad anticipare una parte delle risorse – 3 mila euro all’ettaro – previste dalla Regione Emilia Romagna come forma di indennizzo per l’agricoltore il cui campo sia colpito dal diffondersi della malattia. Se la campagna di trasformazione è ormai agli sgoccioli, resta invece fittissima l’agenda degli impegni per programmare al meglio le produzioni future. Oltre al lavoro per trovare soluzioni efficaci alla crisi idrica, altra grande partita è quella dell’introduzione dell’obbligo di origine in etichetta anche per i derivati del pomodoro.

Il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina si è detto favorevole e nei mesi scorsi è stata approvata anche una risoluzione in Parlamento in tal senso. La stessa Oi, tra l’altro, si è resa disponibile per un periodo di sperimentazione. Gli elementi sembrano dunque esserci tutti per arrivare, a breve, all’etichetta d’origine obbligatoria anche per l’oro rosso: un elemento in più di tutela per la qualità del Made in Italy e per gli stessi consumatori.

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