Erika Angelini
BOLOGNA – Dopo le performance sicuramente non soddisfacenti dei cereali autunno-vernini, anche rese e qualità dei primaverili, in particolare sorgo e mais, lasciano con l’amaro in bocca i produttori, da Ferrara a Reggio-Emilia. Le considerazioni dei tecnici delle due delle principali cooperative che si occupano di ritiro e gestione dei prodotti sono pressoché sovrapponibili e lasciano pochi dubbi sull’andamento delle colture.
“Nell’areale dove opera Progeo Sca, indicativamente da Bologna a Piacenza fino al mantovano – spiega il responsabile conferimenti della cooperativa, Fabio Gardosi -, le rese del sorgo raggiungono una media di 60 q/ha, decisamente al di sotto delle aspettative dei cerealicoltori che sono giustamente molto delusi. Quest’anno non si è registrata una riduzione delle superfici coltivate, ma le difficoltà sono iniziate già in primavera: le semine hanno subito un ritardo a causa delle abbondanti piogge, a cui sono seguiti forti sbalzi termici tra giugno e luglio, fattori che hanno ostacolato lo sviluppo ottimale delle colture. Anche il mais mostra un calo produttivo: mediamente si stima un deficit del 20% sia sul prodotto irriguo che su quello non irriguo”. Tuttavia, la criticità principale riguarda la sanità del raccolto. “Quest’anno – sottolinea Gardosi – il livello di aflatossine è elevato e interessa una percentuale importante del mais raccolto, con inevitabili conseguenze sulla qualità e sul prezzo finale. Per quanto riguarda il girasole, quando è stato raccolto circa un terzo della superficie, le rese si attestano sotto i 30 q/ha, con punte sopra i 35 considerate eccezionali. C’è una forte delusione delle aziende agricole – conclude Gardosi – aggravata dal fatto che l’attuale Produzione Lorda Vendibile (PLV) non consente di coprire i costi di produzione, mettendo a rischio la sostenibilità economica delle imprese.
La situazione nel medio-basso ferrarese non è sicuramente migliore e l’unico distinguo evidente è probabilmente per il mais, perché si tratta di territori vocati, dove spesso la differenza la fa la capacità di irrigazione e la gestione agronomica, come afferma Marco Leonardi, agronomo e tecnico della cooperativa Capa Cologna.
“Le rese del mais sono state tendenzialmente poco soddisfacenti, con una media per il mais in asciutta di circa 70 q/ha e di 100-110 q/ha per quello irriguo. Poi ci sono anche punte produttive disastrose di 50 q/ha e risultati positivi di aziende più strutturate – che hanno preparato i terreni e soprattutto hanno fatto un’irrigazione mirata – che hanno prodotto bene, sopra i 140 quintali, ma quest’anno sono davvero eccezioni. Come ormai è evidente il problema quest’anno è fitosanitario perché le semine tardive hanno favorito gli attacchi di ferretto e nottua e poi è arrivata, del tutto inaspettata, non solo la cimice asiatica ma anche quella verde a danneggiare il prodotto. La cimice provoca, innanzitutto, infertilità perché si nutre delle parti che sono la via d’ingresso del polline per la fecondazione: il risultato sono spighe completamente o parzialmente vuote, in particolare quelle delle file più esterne dei campi. Il secondo danno che può provocare la cimice è qualitativo perché perfora le foglie che proteggono la spiga fino ad arrivare ai grani ancora in fase di maturazione deformandoli. Quando successivamente i grani si seccano si creano delle fessure entro le quali possono attecchire i funghi che possono poi generare le micotossine, peggiorando una situazione già critica.
Anche le rese del sorgo nel ferrarese sono sovrapponibili a quelli degli altri areali emiliani. “Per quello che riguarda il sorgo la produttività è decisamente sotto la media, attorno ai 50-60 q/ha a causa di problemi di fertilità dovuti all’andamento climatico: primavera piovosa, giugno con temperature sopra la media di 4-5 gradi e poi un’alternanza caldo-freddo che certamente non ha aiutato la formazione della panicolo che appariva bello ma a un’osservazione ravvicinata mancavano proprio i chicchi. Anche le aziende tradizionalmente più produttive si sono fermate a 70-80 quintali, contro i 90 o i 100 delle annate normali. Un accenno, infine al girasole: chi ha seminato presto sta raccogliendo e, se è riuscito a salvare il prodotto dagli attacchi dell’avifauna che non sono mancati, arriva a 40 q/ha. Non male se si considera che il prezzo è attorno ai 50 euro/quintale e si arriva dunque a duemila euro, a fronte di costi di produzione non eccessivi. In generale, però, non mancano le preoccupazioni dei produttori che chiaramente faticano a trovare una rotazione colturale che sia minimamente remunerativa e se probabilmente non si rinuncerà al frumento, occorre capire quale sarà il destino dei cereali primaverili, soprattutto se non si troverà una soluzione al problema delle micotossine”.