Gennaio 2017
Alessandra Giovannini
CASTEL SAN PIETRO TERME (Bologna) – In Emilia Romagna operano 2.902 apicoltori e sono presenti 110.900 alveari produttivi. Sono numeri che vanno ancora verificati in modo definitivo, ma sono i primi ufficiali in assoluto registrati al 31 dicembre 2016 alla Banca dati apistica nazionale che è stata istituita nel 2009 e che da quest’anno fornirà l’elenco completo del panorama apistico.
Da qui un’altra importante riflessione. “Difficile fare una stima esatta della capacità produttiva – sottolinea Giancarlo Naldi, presidente dell’Osservatorio nazionale miele che ha sede a Castel San Pietro Terme e che ci ha anticipato i numeri – tuttavia se moltiplichiamo questi alveari per un fattore produttivo medio pari a 30 kg, ne risulterebbe una produzione media pari ad almeno 3.590 tonnellate/anno di miele prodotto dentro e fuori i confini regionali da parte delle aziende apistiche di questa regione, su un totale nazionale stimato di circa 25.000 ton.”.
Certo, l’anno scorso in Emilia Romagna abbiamo avuto una perdita ingente di miele di acacia, valutabile intorno al 65-70% della produzione media e con la scarsa produzione di mieli primaverili ma, criticità a parte, questo nuovo strumento potrebbe aiutare imprenditori e organizzazioni di settore a preparare strategie e progetti.
“L’anagrafe potrebbe essere ancora migliorata. Ad esempio, sarebbe utile conoscere la dislocazione degli apiari per stimare la produzione di ciascun tipo di miele per sapere, ad esempio, quanto miele di acacia è stato prodotto in quel determinato territorio. Ma siamo solo all’inizio e tutto può essere implementato”.
Comunque, dai dati emerge che l’apicoltura dell’Emilia Romagna è un importante settore del comparto agricolo.
“Non si tratta di una boutade promozionale ma di una affermazione sorretta da dati e fattori facilmente documentabili”. Oltre ai dati produttivi che abbiamo ricordato, infatti, in questa regione ha sede il Crea-Api, con il ruolo nazionale che svolge sul piano della ricerca per il settore, l’Università di Bologna con la propria eccellenza sul piano della entomologia agraria che fornisce elementi di conoscenza scientifica per la difesa dell’ape, il Conapi, il consorzio che consente alle aziende un rapporto positivo con il mercato, l’Osservatorio nazionale miele che svolge un’attività nel monitoraggio della produzione e del mercato e della qualità dei mieli.
“Questi organismi, operando in modo coordinato e sinergico consentono di supportare le aziende della nostra regione e di far svolgere al settore una funzione di guida a livello nazionale”. Realtà, queste, che accompagnate da un ruolo attivo della Regione e dal lavoro delle associazioni degli apicoltori sul territorio, possono aiutare le aziende nelle difficoltà e permettere l’introduzione di elementi importanti di innovazione. Occorre prevenire e governare le emergenze ma anche portare a livelli più alti e produttivi il confronto con gli agricoltori in materia di rischi per le api da trattamenti fitosanitari.
“Va sviluppata un’attività di confronto costruttivo con gli agricoltori e con le loro associazioni, basato sulla conoscenza scientifica che via via si rende disponibile per raggiungere livelli più alti di sostenibilità. Partiamo dal lavoro fatto con gli incontri tecnici svolti in materia di apicoltura e settore sementiero. Da un primo incontro tecnico si è passati ad un confronto tecnico-politico che ha compreso agricoltori, apicoltori, industria sementiera e scienziati, con la partecipazione di Regione e Ministero ai massimi livelli, verso un protocollo d’intesa che rappresenta un obiettivo importantissimo a livello nazionale per garantire il diritto ad una difesa fitosanitaria che sia insieme efficace e sostenibile”.