Cimice asiatica, rimane alta la preoccupazione

Settembre 2017 

Ufficio tecnico Consorzio fitosanitario Modena

Bene la difesa passiva, ma sono allo studio antagonisti naturali per contrastare il parassita

A pochi anni dalla sua introduzione la Cimice asiatica (Halyomorpha halys) è diventata, in un territorio sempre più ampio, il fitofago principale con cui fare i conti.
Dopo i primi ritrovamenti occasionali nel 2013 in provincia di Modena, H. halys ha inesorabilmente ampliato il suo raggio di azione. Ha così investito non solo innumerevoli colture, arboree od estensive, ma si è diffusa ovunque, tra orti, parchi e piante ornamentali, interessando anche il contesto urbano. Il fronte centrale è risultato fin da subito quello dei pereti, scombussolando gli assetti della difesa in una zona sempre più ampia.
Dapprima, come detto, sono stati gli impianti del modenese a subirne gli attacchi. Le infestazioni si sono gradualmente diffuse verso le provincie di Bologna e Ferrara a oriente, il reggiano a ovest. Quest’anno sono risultate più evidenti le presenze oltre l’imolese od il ravennate, con attacchi a macchia di leopardo in Romagna; nelle zone di primo insediamento invece le popolazioni si sono distribuite in modo uniforme, senza lasciare aree coltivate indenni. Anche nella restante parte del nord Italia, la pressione risulta in evidente aumento, con situazioni gravi, dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia.

Le perdite di raccolto, oltre al pero, variano dal nocciolo o al kiwi, alla vite, ai fruttiferi più classici, come melo o pesco. Per quanto i decorsi climatici delle ultime stagioni abbiano differito, gli attacchi di H. halys si sono rinnovati, confermandone l’aggressività in contesti diversi. Come più volte ricordato, la pericolosità dell’insetto è legata sia alle sue caratteristiche specifiche, sia al contesto geografico di nuova introduzione, risultando a tutti gli effetti un organismo nella sua fase epidemica, a cui l’ambiente non ha ancora “preso le misure”.
Possiamo sicuramente riconoscerle di essere una specie: – molto invasiva – altamente polifaga – con elevata capacità riproduttiva – con elevata mobilità – con spiccata longevità – con elevato rapporto danno/insetto – dannosa sui frutti in ogni stadio. Nei pochi anni di presenza del fitofago nei nostri ambienti sono inoltre stati individuati quali fossero i contesti di maggior rischio, dove cioè le colture risultano più esposte agli attacchi: Vicinanza ai siti di svernamento: è il primo elemento da considerare ad apertura di stagione. Le infestazioni degli adulti ripartono da qui, da case, fabbricati, rustici. Questa è la condizione prevalente, ma possono rappresentare punti di riparo anche le anfrattuosità dei pali, cortecce, materiali accatastati Vicinanza a fonti di infestazione: le parti di campo più colpite sono in genere adiacenti ad una fonte di infestazione, spontanea o coltivata, in cui l’insetto staziona o trova riparo.

Risultano particolarmente attrattive le piante di corniolo, frangola, prugnolo, sanguinello, nocciolo e, ancor più, in stagione avanzata, aceri e frassini. Frammentazione degli appezzamenti: minore è la dimensione degli appezzamenti maggiore è ovviamente l’incidenza percentuale degli attacchi di bordo. Inoltre, più è frammentata un’area, con diverse colture e strategie d’intervento, più è difficile ridurre gli attacchi del fitofago. Attrattività delle colture: tra le specie coltivate, si è confermata in questi primi anni una spiccata attrattività del pesco e del pero. Sono queste le piante su cui la cimice insiste con particolare accanimento per l’intero arco produttivo, anche in condizioni di frutteti promiscui con altre specie. Si registrano poi ulteriori differenze tra le varie cultivar, per le loro diverse proprietà (es. colore, profumo, tomentosità) o per il tipo di fruttificazione (frutti raggruppati e ravvicinati). Resta comunque la tendenza dell’insetto a spostarsi anche su piante apparentemente meno appetite, col procedere dei raccolti. Tra le colture estensive ricordiamo la soia, in cui la cimice, spesso indisturbata, si moltiplica a livelli preoccupanti. Vigoria delle piante. Si è osservato che H. halys trova una particolare predilezione per le chiome alte e lussureggianti (es. impianti di pero su portinnesti vigorosi). In simili contesti l’insetto trova riparo e protezione. Individuati questi elementi, anche la difesa, inizialmente travolta, ha dovuto trovare in fretta le prime risposte.

Un primo approccio è rappresentato dalla difesa indiretta (passiva), quella cioè che non elimina la cimice, ma tende a tenerla lontana dall’impianto o a modificarne il comportamento. Parliamo soprattutto delle barriere rappresentate dalle reti con funzione anti-insetto. Si è osservato che già nei frutteti con la copertura antigrandine, a parità delle restanti condizioni, diminuisce l’incidenza dei danni da cimice. Adattando tali strutture con protezioni laterali, la presenza di frutti deformi cala drasticamente. Il caso estremo è però rappresentato dalle soluzioni nate ad hoc, per l’isolamento del frutteto dall’ingresso di insetti (reti multifunzionali monofila o monoblocco). Parallela è invece la difesa diretta (attiva), quella che prevede l’intervento fitosanitario, nella sua accezione più classica. Per il trattamento servirà definire: quando intervenire; come intervenire; con che cosa intervenire. Sul quando intervenire, a giustificazione del trattamento, si è alla ricerca della individuazione di una soglia. Per questo servono opportuni strumenti di monitoraggio (es. campionamenti visivi, frappage, o impieghi di trappole). Sul come intervenire si sta valutando il potenziale valore aggiunto di trattamenti di bordo nel frutteto o di quelli a file alterne. Sul tipo di formulato infine molto si è fatto, con verifiche di efficacia di innumerevoli sostanze, sia in ambiente controllato che in pieno campo.

Va però ricordato che anche l’insetticida più performante non è sufficiente ad azzerare la problematica e che ogni strategia va soppesata per i suoi inevitabili effetti collaterali (es. selettività verso insetti utili, residui sulla coltura, ecc.). Un ultimo ma fondamentale aspetto è rappresentato dal contenimento naturale di H. halys da parte di parassiti, parassitoidi e predatori. Tuttavia la presenza di antagonisti naturali è, attualmente, ben lontana dal poter contrastare in maniera significativa le popolazioni di H. halys presenti sul territorio. I tempi necessariamente lunghi per una risposta efficace dell’ambiente, potrebbero essere accelerati da ricerche mirate, già attive anche sul nostro territorio.

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