A breve macchine più efficienti perchè in grado di dialogare fra loro

Alessandra Giovannini

DALLA REDAZIONE – Il ritorno di Eima ci offre l’occasione per fare il punto sulla meccanizzazione e sulla sua evoluzione con un occhio di riguardo, in particolare, su tutto ciò che è innovativo e alternativo. E partiamo dalla considerazione di Alessio Bolognesi, ingegnere e funzionario del servizio tecnico di Federunacoma che sottolinea come da anni ormai, da un punto di vista meccanico, le macchine non presentano evoluzioni epocali, segno che in alcune aree si è ormai raggiunto l’apice tecnologico e i prossimi passi possono riguardare l’introduzione di materiali migliori, più leggeri, più ecocompatibili o avanzamenti minori in altre aree. “La meccanizzazione agricola – approfondisce Bolognesi – sta compiendo in questi anni una svolta in due direzioni che, sebbene sembrino diametralmente opposte, sono assolutamente complementari”. Una è l’innovazione nei dati, nella loro produzione, scambio, elaborazione ed utilizzo, l’altra riguarda le pratiche agricole. Ma andiamo con ordine. Parliamo di tecnologia, informazione, comunicazione ma anche di internet.
“Sulle macchine stanno comparendo in questi anni tutte quelle tecnologie legate all’Ict (Information and communication technology) ed all’Iot (Internet of things) che, sebbene a volte non ce ne rendiamo conto, dall’avvento degli smartphone hanno permeato la nostra vita quotidiana. Così come le nostre lavatrici, i nostri televisori, i frigoriferi, le automobili, i mezzi pubblici e in generale ogni dispositivo dotato di elettronica, sono connessi in rete, in grado di interagire tra loro e di scambiare ed utilizzare dati, lo stesso approccio si sta applicando alle macchine per l’agricoltura”.

Ma per fare cosa?

“Partiamo dal fine ultimo, quello che riguarda l’utente finale: guadagnare di più. Il maggiore guadagno è il risultato di minori consumi, risparmio sull’utilizzo di concimi, pesticidi e diserbanti, riduzione dei tempi di lavoro, qualità migliore della produzione, incremento della quantità e tanti altri micro e macro fattori, resi possibili solo attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Ecco quindi che stanno comparendo sui trattori e sulle attrezzature di ogni categoria sistemi Isobus, per la guida autonoma, per la lavorazione autonoma, sistemi di navigazione Gps sempre più precisi, mappatura dei campi e prescrizione delle lavorazioni, sensori di ogni genere e così via.
Tutto ciò interconnesso in rete e comunicando dati con server aziendali e con il cloud. Facciamo un esempio concreto: il diserbo.
Oggi le macchine sono programmate attraverso prescrizioni. Attraverso un software su computer vengono realizzate delle mappe del campo in cui, per ogni punto specifico, viene indicato esattamente come la macchina dovrà operare. Tale mappatura viene creata sulla base di dati statistici degli anni precedenti, studi agronomici e altri fattori. Oggi questo lavoro viene ancora fatto da persone fisiche, ma sono già esistenti algoritmi di intelligenza artificiale che, analizzando una mole enorme di dati, sono in grado di prevedere la lavorazione ottimale per una determinata coltura in una determinata posizione. La macchina per il diserbo di turno leggerà la mappa di prescrizione e, una volta sul campo, effettuerà l’operazione come prescritto sulla base della sua posizione identificata in tempo reale dai sistemi satellitari. Ma può fare di più.
Sebbene queste mappe di prescrizione siano precise, non è detto rispecchino la situazione concreta attuale della coltura o delle piante infestanti. I sensori montati sulla macchina saranno in grado di modificare la lavorazione sulla base di rilevamenti puntuali e la macchina per il diserbo spruzzerà la sostanza solo ed esattamente dove rileverà una pianta infestante.

Di più, oggi alcune macchine sono in grado di tarare la composizione del diserbante sulla base della tipologia di infestante. Ma supponiamo che il trattore che traina la macchina stia andando troppo veloce e che di conseguenza la macchina non possa lavorare correttamente. Ecco che l’attrezzo può richiedere al trattore di abbassare la velocità, così come di fare altre operazioni quali sterzare, attivare o disattivare la presa di forza, ecc…
Questa tecnologia, basata su Isobus, prende il nome di Tim (Tractor implement management) e i primi esemplari di macchine compatibili verranno presentati proprio all’Eima di quest’anno. Ogni dato della lavorazione, rilevato dai sensori di attrezzi e trattrici coinvolte nelle lavorazioni viene immagazzinato, analizzato da software, salvato sul cloud e reso disponibile all’utilizzo per fornire nuovi servizi, per realizzare macchine sempre migliori o per consentire ad algoritmi di intelligenza artificiale di programmare lavorazioni sempre più precise. Tutto ciò, pure se raccontato in maniera estremamente semplificata, e molto altro concorre a realizzare la cosiddetta Agricoltura 4.0. Dunque, la programmazione delle lavorazioni e delle traiettorie che le macchine devono percorrere consente di ridurre i tempi di lavoro, i passaggi sul campo, l’utilizzo delle sostanze, i consumi e quindi, in ultima battuta, di guadagnare di più”.

Ma non solo. Pensiamo anche al minor impatto ambientale

“Certo, questo vuol dire pratiche agricole sempre più pulite. A ciò concorre anche la corsa che l’Europa sta facendo nella riduzione delle emissioni delle macchine e dei consumi. Questo ha un grande significato in termini di costi progettuali e di componenti, che si riversano sul cliente finale il quale, però, potrà poi ammortizzare in breve tempo questi costi maggiori grazie ai vantaggi che abbiamo descritto”.

Andiamo sul tecnico, ma in molti capiranno

“Le direttive europee sulle emissioni hanno causato diversi problemi sui cosiddetti trattori stretti, che non sono adatti ad ospitare i componenti necessari per i nuovi motori Fase 4 senza aumentarne le dimensioni, modificando così radicalmente il loro range di utilizzo. Per questo, molti costruttori di trattrici si stanno rivolgendo verso nuove propulsioni. Escludendo alcuni esercizi di stile, pare che il trend ormai consolidato, confermato dal settore che storicamente precede quello agricolo, ovvero quello auto motive, sia quello di passare attraverso trazioni ibride per arrivare infine al puramente elettrico. Già delle macchine sono state presentate, pure se ci sono ancora problemi da risolvere in termini di autonomia durante intense giornate di lavoro e, cosa non da poco, quello legato allo smaltimento delle batterie esauste. Ma grandi passi sono compiuti ogni giorno e, sebbene in questi anni siano stati i grandi costruttori a muoversi, il trend si sta allargando anche ai piccoli costruttori di trattrici o macchine speciali. In parallelo è stato studiato da Aef (Agricultural industry electronic foundation – www.aef-online.org) un sistema di trasmissione di potenza elettrica tra trattrici e attrezzi”.

Questo cosa potrebbe significare?

“Che nel prossimo futuro gli attrezzi collegabili alla trattrice, oltre a tutte le tecnologie elettroniche che abbiamo ricordato, saranno anche attuati elettricamente e non più, o non solo, tramite potenza idraulica o meccanica. Le attuazioni elettriche hanno molti vantaggi: sono pulite, sono enormemente più precise e gestibili quasi in tempo reale e ogni attuazione può essere monitorata. Questo comporta che, se si dice all’ugello di uno sprayer di aprirsi o a quello di una seminatrice di seminare, questo avverrà pressoché istantaneamente e non con i ritardi che le tecnologie odierne presentano nelle attuazioni”.

Cosa vedremo quindi nel prossimo futuro?

“Macchine sempre più autonome ed automatizzate, in grado di realizzare e programmare quasi in totale autonomia le operazioni, in grado di dialogare tra loro e coordinarsi sul campo qualora più di una sia operativa sullo stesso appezzamento. Avremo macchine interconnesse in rete in grado di fornire e ricevere dati, analizzarli ed adattare le proprie condizioni di lavoro. Avremo trattrici elettriche che traineranno e controlleranno attrezzi elettrici. Avremo droni di supervisione ed analisi così come reti di sensori wireless in campo che monitoreranno ogni parametro del suolo e delle colture in tempo reale. Tutto questo è già realtà oggi, il prossimo passo sarà l’adozione in larga scala. E a tale fine è fondamentale che i clienti finali, le aziende agricole, capiscano che il guadagno derivante da queste tecnologie e queste pratiche in campo è tale da giustificare ampiamente l’investimento iniziale e, soprattutto, che questo è vero per le colture intensive quanto per quelle estensive”.

Ma si parlava all’inizio di due direzioni. Se la prima è quella tecnologica, la seconda riguarda le pratiche agricole

“Sono tantissimi gli studi che oggi si occupano di capire come ottimizzare le pratiche in modo da garantire la maggiore e migliore resa possibile del suolo. Sono quindi stati inventati, o riscoperti, i concetti di minima lavorazione, lavorazione su sodo e così via. Il concetto è di preservare l’umidità del suolo che viene dispersa in caso di preparazione tradizionale del terreno. Queste pratiche richiedono, in alcuni casi, macchine specifiche e quindi in questa direzione vengono realizzati mezzi che, sebbene non si tratti di concreta innovazione, sono comunque specifici e progettati ad-hoc. Un altro concetto in studio è quello di evitare la compattazione del suolo, garantendo così maggiore drenaggio, maggiore facilità di lavoro, maggiore areazione e così via. Anche in questo caso sono in studio pneumatici speciali, ruote speciali e altro ancora. Questa seconda direzione è complementare alla prima, non alternativa. E anche in questo caso si può notare l’importanza fondamentale delle nuove tecnologie. Com’è possibile evitare la compattazione del terreno? Usando macchine molto leggere, essenzialmente.
Ecco quindi che già alcune aziende hanno presentato concept e prototipi di droni terrestri, mini trattorini-robot che, coordinati tra di loro, possono eseguire le lavorazioni impattando in maniera quasi trascurabile su suolo e colture. Addirittura, poi, questi robot potranno riconoscere le piante o i frutti maturi e raccogliere, ad esempio, solo quelli che lo sono, lasciando terminare il corretto sviluppo degli altri”.

Fantascienza? Sembra proprio di no.

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