Claudio Ferri, direttore Agrimpresa
Frumento tenero: negli ultimi mesi le quotazioni sono state altalenanti, il costo delle materie prime è rimasto sostenuto – come quello dell’energia – e la nuova Pac, con l’introduzione degli “ecoschemi” e la possibilità di aderire ad alcuni interventi dello Sviluppo rurale, pone le imprese agricole di fronte a scelte impegnative.
La situazione si prevede quindi assai complessa per la nuova campagna 2023-2024.
Un’analisi dettagliata sul comparto la fa la Cia che rileva, per quel che riguarda il grano duro, superfici stabili, intorno al milione e duecentomila ettari in tutta la Penisola, “ma la produzione si prevede migliore dell’anno scorso – afferma Marco Bergami, cerealicoltore e vice presidente di Cia Emilia Centro – e dovrebbe attestarsi sui 4 milioni di tonnellate a fronte dei 3,6 milioni della campagna scorsa. Il raccolto si prevedeva ottimo, ma le ultime abbondanti piogge in molti areali rischiano di abbassarne la qualità. Purtroppo i prezzi continuano a calare e siamo oramai a 350 euro la tonnellata mentre ad inizio campagna i prezzi erano a 550 euro. Il rischio è che flettano ancora sotto la trebbiatura, mentre i costi di produzione sono stati molto alti per gli agricoltori”.
Un calcolo approssimativo evidenzia che i costi per una produzione ‘ben fatta’ siano attorno ai 1.400 euro ad ettaro ed i ricavi, con una media di 3,5 tonnellate/ ettaro, arrivino intorno ai 1.200 euro.
“Per tentare di dare maggiore sostegno a un settore strategico per la filiera grano duro da pasta – prosegue Bergami -, Cia ha raccolto a livello nazionale oltre 50.000 firme a sostegno degli agricoltori”.
Per il frumento tenero si è avuto un aumento significativo delle superfici di circa il 7% (in Italia la superficie di questo cereale va da 450 alle 550 mila ettari).
Nessun problema sanitario, nonostante le piogge, e si prevede un buon raccolto, intorno ai 2,9 milioni di tonnellate a fronte di circa 2,7 milioni della precedente annata.
“I prezzi restano bassi – sottolinea Bergami -, intorno a 260 euro la tonnellata, ma c’è preoccupazione per gli alti costi di produzione”.
Riguardo all’orzo, le superfici sono stabili con una previsione di un aumento della produzione che potrebbe sfiorare 1,2 milioni di tonnellate. “Anche in questo caso per l’orzo non ci sono prospettive di prezzo favorevoli”, chiosa Bergami.
Infine il mais, dove persistono i problemi in termini di investimento colturale.
“Si stima un calo di oltre il 6% delle semine che già erano particolarmente basse – rileva il vice presidente Cia – quando ormai importiamo il 50% della produzione. Inoltre, per quanto riguarda la produzione nazionale, resta forte il rischio sanitario legato alle micotossine che ormai sono fortemente condizionate dai cambiamenti climatici. Anche per il mais i bassi prezzi non aiutano. Mi sento di suggerire a tutti i produttori – conclude Bergami – di conservare i campioni del cereale conferito per avere un riscontro oggettivo, in caso di contestazione, della qualità sanitaria dei grani”.