Con il rincaro energetico si riscopre la legna da ardere

Alessandra Giovannini
Il gas cresce e le famiglie ricorrono al vecchio combustibile. O, per meglio dire, utilizzano con più frequenza caminetti e stufe. Dunque, c’è una riscoperta della legna.
“Non possiamo certo dire – precisa Mauro Lazzarini, titolare dell’azienda agroforestale “Le Fontanelle” di Castiglione dei Pepoli, in provincia di Bologna – che tutte le persone, nel giro di qualche mese, hanno acquistato e montato le stufe, ma certamente hanno rivisto le abitudini. La richiesta di legna da ardere per riscaldamento è altissima ma, naturalmente, non hanno abbandonato il gas”.
La convenienza comunque c’è. “Il legno – dice ancora Lazzarini – è aumentato di un euro al quintale, una cifra sicuramente più ridicola se confrontata all’aumento del gas che è del 200-300%”. Una scelta, quindi, che predilige di più le stufe, magari in questi anni lasciate in disparte.
La legna da ardere è classificata come biocombustibile e rappresenta, ancora oggi, il principale combustibile di uso domestico per un terzo della popolazione mondiale.
In Italia, secondo l’Arpa della Lombardia, in questi ultimi anni sono state oltre 4,5 milioni le famiglie che hanno scelto questa risorsa per il riscaldamento domestico, pur se con notevoli differenze nella distribuzione geografica, a causa dei diversi climi e delle diverse tipologie territoriali. Sono stati impiegati materiale legnosi da ardere, soprattutto nelle località montane (e meno nelle zone di collina), nei piccoli centri abitati (con meno di 5.000 abitanti), prevalentemente nelle case di residenza e nelle case isolate o a schiera.
Rispetto alla tipologia di materiale, la legna può essere utilizzata in pezzi o in forma cippato o di pellets. Generalmente non è un materiale esposto a particolari processi lavorativi e si presenta in tronchi o rami, che possono essere stagionati, quindi secchi o non stagionati.
Durante il boom economico in Italia l’uso della legna si ridusse, perché sostituito dagli impianti di riscaldamento a metano costruiti nei nuovi appartamenti.
Oggi, in molte case nuove e ristrutturate, si è riscoperto l’uso della legna da ardere, sia per gli amanti dei vecchi camini, ma anche per chi ne ha montati di nuovi, comprese le stufe di ultima generazione. Queste nuove strutture hanno rese ottimali in termini di potere calorifico, alcuni tipi, poi, sono utilizzabili per impianti di riscaldamento dell’acqua di uso domestico. Insomma, un ritorno al passato con la tecnologia più moderna.
Ma c’è anche chi questa scelta l’ha fatta diversi anni fa. “Sono già dieci anni che utilizziamo la legna – dice Remo Giarandoni, titolare insieme al fratello Paolo, dell’agriturismo La Fenice nella frazione di Rocca di Roffeno, in provincia di Bologna, che è anche azienda agricola e agroforestale -. Abbiamo due caldaie a cippato. Una è nel corpo centrale con un impianto di teleriscaldamento, l’altra è nella casa nei campi, serve a un complesso di sei mini appartamenti al servizio dell’agriturismo. Abbiamo fatto questa scelta per due ragioni. Intanto, perché risparmiamo, almeno il 50%, prima avevamo il gpl e il nostro complesso, tra ristorante e camere, è di circa 500 metri quadrati e poi perché utilizziamo il materiale di scarto dal taglio del legno vicino alla nostra azienda, che è recuperato. Un recupero che arriva dalla pulizia del bosco, piante magari vecchie e pericolose o ammalate”.
Un risparmio che coinvolge anche i vicini di casa. “Noi siamo in un borgo che si chiama Ca’ de’ Gatti e in cinque utenze utilizziamo il teleriscaldamento”.
L’azienda Agrituristica del Cimone La Palazza a Fanano in provincia di Modena questa scelta l’ha fatta addirittura più di vent’anni fa. “Abbiamo due caldaie – precisa una dei soci, Anna Maria Tonielli -, una alimentata a cippato e un’altra a legna. Due unità che servono 700/800 metri quadrati tra camere, appartamenti, ristorante, dependance, baita e locali di servizio. Una scelta motivata dal risparmio e dalla possibilità di utilizzare materiale disponibile vicino all’azienda, un modo, quindi, per sostenere l’ambiente. Una decisione assunta dal primo titolare, Sergio Lodi, per diventare energeticamente autosufficienti e, per questo, abbiamo fatto anche il tetto fotovoltaico”.
Quali gli aspetti negativi? “Avere un impianto centralizzato – conclude Tonielli – vuol dire più cura e manutenzione. È anche vero, però, che le nostre caldaie hanno ormai vent’anni e oggi la tecnologia è sicuramente più efficiente”.