Conigli, allevamenti in ginocchio

Settembre 2016

Mara Biguzzi

La crisi colpisce anche gli allevamenti di conigli. Ne abbiamo ampiamente scritto nel numero scorso di Agrimpresa (nr. 10, pp. 14/15), qui riprendiamo alcune considerazioni della Cia di Forlì-Cesena, nella cui provincia si registrano 25 allevamenti professionali con circa 250.000 capi allevati, concentrati soprattutto nel forlivese.

A denunciare la situazione è il presidente di Cia Forlì Cesena, Guglielmo Mazzoni, che sollecita un intervento pubblico a sostegno del settore. “Non si può rimanere indifferenti di fronte alla crisi che da qualche mese attanaglia il settore cunicolo. Gli allevatori sono costretti a vendere al di sotto dei costi di produzione e i ritardi nei ritiri degli animali da parte dei macelli stanno creando aggravi economici e problemi gestionali alle imprese. Dietro la situazione di crisi del settore, c’è forse un leggero sbilancio fra l’aumento della produzione e un leggero calo dei consumi, ma secondo gli allevatori, sarebbe assai più determinante il flusso in ingresso della carne estera a prezzi stracciati”.

Raccogliendo la segnalazione proveniente da Cia, l’europarlamentare Damiano Zoffoli, che da cesenaticense conosce bene le problematiche agricole territoriali, ha lavorato su questo tema e inviato alla Commissione europea un’interrogazione con richiesta di risposta scritta, che arriverà nelle prossime settimane. Nel documento è stata evidenziata la crisi del settore, individuando una possibile soluzione nell’etichettatura obbligatoria del luogo d’origine della carne di coniglio, così da tutelare imprese e consumatori e promuovere un consumo di qualità, consapevole e informato. Nell’interrogazione si chiede anche come mai manchi ancora un riferimento normativo alla carne di coniglio, che può dunque essere immessa nei circuiti di distribuzione del mercato interno senza distinzioni tra prodotto locale e importato.

“Per difendere il valore tradizionale e gastronomico dell’allevamento del coniglio a cui sono dedite non solo aziende professionali, ma anche una miriade di aziende/famiglie a fini di autoconsumo – conclude Mazzoni – occorre sensibilizzare i cittadini sull’alto contenuto nutrizionale e salutistico della carne ma anche lavorare sulla trasparenza con la tracciabilità dell’origine. L’Italia, che è leader europeo nella produzione, ha il dovere di lavorare per accelerare il percorso comunitario che ha già portato all’etichettatura obbligatoria degli altri tipi di carne, da quella bovina a quella di pollo. Un obiettivo che è necessario anche per questo comparto: tutelare gli allevamenti italiani e rendere più sicura e tracciabile la carne che arriva sulle nostre tavole”.

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