Consumi di ortofrutta in calo, ma le nuove varietà attirano i consumatori

Giugno 2014

Cla.Fe.

Nuove varietà e innovazione di processo danno una spinta propulsiva agli acquisti di ortofrutta che tuttavia da oltre 10 anni sono in calo progressivo con una perdita di quantità acquistate per famiglia di circa 140 chilogrammi all’anno.

L’analisi dei consumi di ortofrutta e le dinamiche che influenzano gli acquisti sono stati al centro di un convegno promosso da Regione Emilia Romagna e Centro servizi ortofrutticoli (Cso) in cui è esaminato un lungo periodo, dal 2000 al 2013, da cui emerge un radicale cambiamento nei comportamenti del consumatore. Ci sono comunque sfumature che vanno colte in questo trend negativo: il pomodoro ciliegino, ad esempio, tra il 2010 e il 2013 è cresciuto del 19%, al contrario sotto la voce generica ‘pomodoro’ è stata rilevata una flessione consistente. Dall’indagine emerge inoltre che il consumatore controlla provenienza e qualità del prodotto prima ancora di analizzare il prezzo, oltre ad avere una attenzione particolare alla sostenibilità ambientale. Inoltre non convincono più i ‘prendi tre e paghi uno’ che spesso banalizzano e sviliscono la qualità dell’ortofrutta.

Anche sul fronte del biologico ci sono stati cambiamenti significativi in termini di percentuale, infatti anche l’acquisto di ortofrutta naturale è cresciuto, passando da un 27% nel 2008 ad un 32% nel 2013. “Dall’analisi dei dati – spiega Elisa Macchi direttore di Cso –  emergono delle evidenze importanti su cui è necessario riflettere: in primo luogo è palese che il prezzo non è l’unico fattore condizionante per l’acquisto, lo si vede dallo sviluppo del biologico o di referenze alte di gamma come il radicchio (+61%  di acquisti dal 2006 ad oggi), o le fragole (+34% dal 2000 al 2013).

I consumatori inoltre stanno premiando l’innovazione di prodotto che negli ultimi anni ha reso disponibili sul mercato varietà più apprezzate anche dal punto di vista organolettico-gustativo. Mi riferisco, ad esempio alla crescita dei consumi di albicocche (+ 6% dal 2000) o anche delle pesche (+3% dal 2006) o dei meloni che hanno vissuto un profondo rinnovamento varietale e un ampliamento del calendario di commercializzazione. Soffrono i prodotti anonimi e indifferenziati su cui  sarà necessaria una profonda segmentazione e differenziazione. Penso alla pera, in primo luogo, ma anche alle arance e all’uva”.

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