Dai colli bolognesi la rinascita del Violetto di San Luca, il carciofo ‘felsineo’

carciofaia

Il carciofo Violetto di San Luca è un nuovo presidio Slow Food dell’Emilia Romagna.
“Fino a non molti anni fa – racconta Raffaela Donati, responsabile del Presidio –, le colline della zona di San Luca erano piene di carciofaie. La natura argillosa del terreno conferiva alla varietà violetto caratteristiche particolari, che la rendevano ricercata e conosciuta anche fuori dai confini cittadini. Questa coltivazione costituiva un’importante fonte di reddito per gli agricoltori locali, tuttavia, dalla metà degli anni Settanta è iniziata a diminuire drasticamente, causa anche lo spopolamento delle campagne”.

A differenza delle altre varietà, il carciofo Violetto presenta dimensioni ridotte e produttività inferiore. È, inoltre, tra gli ultimi a maturare, intorno alla metà del mese di maggio e, quindi, si colloca sul mercato nel momento in cui, per le altre tipologie, la stagione volge al termine e i prezzi si abbassano, il che non consentiva al violetto di essere venduto a costi giusti ed equamente remunerativi per i suoi produttori.

“La coltivazione di questa varietà – aggiunge Donati -, è resa, inoltre, più difficile dalle particolari modalità di riproduzione. Il carciofo Violetto di San Luca si propaga, infatti, per via agamica, quindi non attraverso i semi, bensì tramite i polloni, getti laterali che spesso rischiano di perdersi”. Un prodotto molto apprezzato dagli stessi bolognesi che, proprio grazie alle ridotte dimensioni, usavano conservarlo sott’olio e ne apprezzavano anche le parti meno nobili, come le foglie o i cosiddetti carducci, i polloni in eccesso, protagonisti di numerose ricette anti spreco.

Oggi, dunque, la volontà di far tornare sulle tavole questo prezioso bene della natura.
Un progetto che nasce da lontano e da una storia importante. Il carciofo di San Luca, infatti, deve la sua sopravvivenza all’opera della famiglia Albertazzi che vive sulle colline intorno a Bologna e che ha custodito questa varietà assieme alla preziosa ricetta per i carciofini sott’olio. “Mio padre Bruno – racconta Adelia Albertazzi che coltiva 7 ettari di carciofo e cura 1.200 piante sulle colline bolognesi – quando decise di trasferirsi con la famiglia, moglie e due figli, da Galbola, podere Due Orologi, a Chiesuola, porta con sé le preziosissime piante di carciofo Violetto di San Luca che vengono trapiantate nel nuovo terreno”. Un terreno che oggi porta il nome di Podere Chiesuola ed è seguito dai nipoti, Riccardo e Raffaele, che hanno ricevuto dal nonno la passione per la terra. Un vero e proprio passaggio generazionale, una testimonianza concreta della volontà di mantenere viva la collina.

“È proprio questa volontà – continua Albertazzi -, che nel 2005 ha fatto prendere la decisione a mio padre di distribuire i carducci del carciofo di San Luca ad altri agricoltori della zona. L’associazione Slow Food regionale, supportata dall’assessorato all’agricoltura della regione Emilia Romagna, ha intercettato questa iniziativa e ha promosso l’inclusione dei produttori nella rete Slow Food, attraverso la nascita di un Presidio”.

Oggi, il Presidio è formato da cinque produttori, in tutto, seguono 50 ettari di terreno, 8.000 piante mamme, ogni pianta produce dai 20 ai 40 carciofi, di cui una decina, per ogni pianta, sono carciofini. Il disciplinare di produzione redatto dai produttori del Presidio, prevede le pratiche agronomiche indicate dall’agricoltura biologica, per controllare le infestanti e garantire un buon drenaggio si lavora il terreno, e si concima tramite l’apporto di sostanze organiche. Tanti gli obiettivi per il futuro prossimo del carciofo Violetto di San Luca, tra tutti certamente quello di mantenere vivo il confronto con gli altri produttori di carciofi riconosciuti come Presidi Slow Food sul territorio nazionale (che oggi ammontano a nove) e far conoscere, o meglio, riscoprire, il prodotto, soprattutto fra i più giovani.

“Ai cinque produttori del Presidio – aggiunge Albertazzi -, si è aggiunto anche l’istituto agrario Arrigo Serpieri di Bologna. A loro il compito, il prossimo anno, di pulire, cucinare in olio e aceto i piccoli carciofini e di riporli, con altrettanta cura e maestria, in tanti vasetti. È uno scambio di saperi e competenze. Agli studenti, che hanno a disposizione un terreno di dieci ettari, insegniamo come coltivare i carciofi, loro, nel laboratorio della scuola, li trasformano in appetitosi prodotti da gustare”.

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