Giovanni Alamanni – Analista Market Intelligence – Areté
I mercati delle merci agricole hanno vissuto un 2021 all’insegna della volatilità e dei rincari (Tab.1). Questi aumenti di prezzo, che hanno caratterizzato la quasi totalità delle materie prime agricole (e non solo agricole), erano dovuti principalmente alla ripartenza della domanda cinese (colpita dal Covid prima dell’Occidente), ai costi della logistica via mare e al meteo sfavorevole in molte aree produttive.
A questo, si sono aggiunti nel corso del 2021 anche importanti rincari in campo energetico, trainati dai prezzi del petrolio e del gas naturale. Gli aumenti si sono rapidamente trasferiti al prezzo dei carburanti, dell’energia elettrica e dei fertilizzanti (Tab.2).
Come se non bastasse, il 24 febbraio, ha avuto inizio l’offensiva russa in territorio ucraino. L’evento ha sconvolto gli equilibri geopolitici mondiali, ma anche quelli tra domanda di beni agricoli e offerta, comprimendo specialmente quest’ultima. È il caso dell’offerta di olio e di seme di girasole e dei cereali (tenero e mais), dei quali sia la Russia sia l’Ucraina sono Paesi chiave nel panorama commerciale mondiale.
L’Ucraina è il primo produttore di seme di girasole a livello mondiale (29%), seguita dalla Russia (27%) e, poiché gran parte del seme è processato internamente, sono anche Paesi rilevanti nella produzione di olio di girasole. Inoltre, la Russia gioca un ruolo importantissimo nel mercato del frumento tenero, essendo il quarto produttore (preceduta da India, Cina e Ue) e primo esportatore a livello mondiale. Per il mercato del mais, l’Ucraina, granaio d’Europa, è un Paese chiave. È soltanto settima nel ranking mondiale per volumi prodotti, ma in termini di export è al 4° posto, con il 13% dei volumi. Uno dei principali mercati di sbocco, per i prodotti citati, è quello europeo.
Con la chiusura dei porti ucraini affacciati sul Mar Nero, decisa da Kiev per ragioni di sicurezza interna, e le sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia, sono a rischio milioni di tonnellate di merci agricole. I prezzi hanno bruscamente reagito allo scoppio della guerra, che ha determinato uno shock lato offerta senza precedenti. L’olio di girasole è da considerarsi la referenza più colpita dal conflitto armato. Dopo la sospensione delle quotazioni per alcune sedute di borsa da parte della Granaria di Milano, l’olio di girasole in marzo ha superato i 3.000 €/t sul mercato italiano ed europeo, battendo un record assoluto (Tab.3).
A seguito di questi rialzi, per effetto sostituzione, anche i prezzi degli altri oli vegetali (palma, colza e soia) sono stati spinti in rapido aumento. Soltanto con le quotazioni della prima metà di aprile si sono visti dei cali generalizzati di prezzo, per via di un certo grado di razionamento della domanda.
I cereali non hanno reagito diversamente. Vista la rilevanza delle produzioni russe e ucraine di mais e frumento tenero, fin dai primi giorni dell’offensiva in territorio ucraino, le quotazioni sono entrate in forte tensione.
Nelle principali piazze a livello mondiale, specialmente dove si scambiano contratti futures, gli aumenti sono stati repentini.
Il prezzo finanziario del frumento tenero scambiato a Chicago (Soft Red Winter, Chicago Mercantile Exchange), tra il 24 febbraio ed il 3 di marzo, è schizzato, segnando un +62%, per poi rientrare leggermente nelle successive sedute. Il Corn, nello stesso periodo e nella medesima piazza, ha registrato un aumento del 10%.
A guidare i mercati in questo periodo sono stati i timori di un blocco di flussi commerciali dalla Russia e dall’Ucraina e, come sempre succede in questi frangenti, anche l’azione degli speculatori ha contribuito a sospingere i rincari.
Sulle piazze nazionali (Bologna) gli aumenti hanno replicato gli andamenti internazionali dei prezzi, seppur con qualche differenza rispetto a quanto accaduto negli Usa (Tab.3). Le tensioni maggiori si sono registrate nel mercato del mais, in quanto, oltre la metà di quello importato in Ue proviene dall’Ucraina.
Inoltre, l’Ue copre il 20% del fabbisogno di mais con prodotto estero, mentre questo dato si riduce al 4% se parliamo di frumento tenero.
Per quanto riguarda l’Italia, il legame con l’Ucraina non è trascurabile.
Nel 2020, secondo la Commissione europea, l’Italia ha acquistato dall’Ucraina il 13% dell’import totale di mais, il 5% del totale di frumento tenero ed il 58% del totale di olio di girasole. Mentre sono del tutto trascurabili le consegne di questi prodotti di provenienza Russa.
Permane l’incertezza sui mercati, vista l’incapacità dei paesi belligeranti di trovare una tregua e porre fine al conflitto, condizione necessaria al ripristino degli scambi commerciali. Si ha notizia che l’export ucraino stia parzialmente transitando per vie alternative, ovvero su delle chiatte per il Danubio e attraverso il porto di Costanza in Romania, attraversando il confine su convogli ferroviari o su gomma.
Tuttavia, gli esigui volumi esportati non sono minimamente sufficienti a sopperire alla domanda di olio di girasole e di cereali dell’Ue e i molti altri Paesi importatori.
Da monitorare l’andamento delle semine primaverili di mais e girasole.
Considerando che gran parte della forza lavoro è impiegata nella resistenza all’invasione russa e non mancano i terreni minati.
Le prime previsioni di una fonte locale parlano di un sensibile calo delle semine in Ucraina, con un conseguente calo del 40% delle produzioni di mais e seme di girasole. Tuttavia, i volumi prodotti saranno comunque più che sufficienti per il fabbisogno interno che, intanto, è stato compresso dal conflitto e dalla fuga di profughi, e potranno essere esportati.