Cristian Calestani
Marco Allegri si è specializzato in ortaggi e cereali
Sant’Ilario Baganza (Parma) – “Non volevo più usare prodotti chimici nei miei terreni. Per questo ho scelto il biologico, una produzione sana in cui credo molto, che offre un prodotto più sicuro al consumatore, ma anche per lo stesso produttore, rispettando l’ambiente delle nostre colline. Di sicuro produrre bio è impegnativo: richiede sacrifici. Non ci si improvvisa dall’oggi al domani”.
C’è molta determinazione all’origine della scelta biologica di Marco Allegri, 31enne socio di Cia Parma che conduce, insieme ai famigliari, la società agricola “Soragnola” a Poggio Sant’Ilario Baganza, nel comune di Felino.
L’azienda, nata nel gennaio 2018, è interamente biologica dal marzo del 2019. Si estende su una quarantina di ettari comprendendo anche i terreni che, un tempo, facevano parte dell’Azienda agricola Bertoli portata avanti dal nonno di Marco, Giovanni Bertoli, dalla mamma Mirella, dalla zia Rita e dalla nonna Anna Bertinelli. Oggi la “Soragnola”, il nome deriva dalla località in cui si trova l’azienda, è guidata da Marco, perito agrario diplomatosi al Bocchialini di Parma, che si divide tra l’impegno in campagna e quello di capoturno alla Parmalat, con il padre Gabriele Allegri, pronto a dare una mano sull’impegnativo versante delle orticole che richiedono molte ore di manodopera, e la mamma Mirella che fornisce il proprio contributo sia per le orticole che per gli aspetti amministrativo-contabili.
“Insieme – spiega ancora Marco – curiamo circa un ettaro ad orticole con patate, aglio, cipolle, scalogno, pomodoro da mensa, zucchine, zucche, cavoli e verze. Ci sono poi una ventina di ettari a seminativi con i cereali; 5 ettari con favino bianco da granella ed il resto ad erba medica”.
Tante le “sfide” da affrontare per fare del buon biologico. “L’aratura per il controllo delle infestanti diventa fondamentale – dice Marco -. Molto importante è l’utilizzo di mezzi meccanici come gli strigliatori. Aumentano le lavorazioni del terreno perché il problema principale è contrastare infestanti, specie in annate difficili come quella del 2019, viste le condizioni climatiche con tante piogge.
C’è poi il problema degli attacchi degli insetti: abbiamo in utilizzo trappole fotocromatiche costituite da fogli colorati che presentano della colla per contrastare, ad esempio, la presenza dell’altica sui cavoli. In generale con il biologico c’è il ritorno alle ‘buone pratiche agronomiche’ come rotazione colturale, concimazioni organiche, utilizzo di mezzi meccanici per il diserbo, pacciamatura con teli biodegradabili e prodotti naturali per la lotta ai parassiti, come accade con il decotto di aglio prodotto in azienda”.
Importanti anche i canali di sbocco delle produzioni. “La parte dei cereali, grazie ai contratti di filiera – prosegue -, la consegno alle aziende che lavorano i cereali bio; l’erba medica la conferisco ad un’azienda della zona che produce Parmigiano Reggiano, mentre per le orticole punto sulla vendita diretta. La soddisfazione più grande si ha proprio nel momento in cui un cliente riconosce ed apprezza la differenza tra un prodotto come il nostro, biologico, ed un prodotto generico che trova al supermercato”.
Le difficoltà per raggiungere l’obiettivo di una produzione di buona qualità sono ovviamente maggiori: “Scegliendo il bio ti affidi completamente ai metodi naturali. Bisogna saper sfruttare al meglio le risorse che il terreno ti mette a disposizione, ben consapevoli che non sempre la terra, per tante ragioni, può darti quello che ti aspetti”. Tutta l’attività è poi seguita da Icea, Istituto per la certificazione etica ed ambientale, l’ente certificatore che compie controlli su sementi e registri colturali.
In chiave futura ci sono già alcuni obiettivi da raggiungere: “Mi piacerebbe aumentare le superfici ad orticole ed arrivare a creare una serra per poter coltivare certi prodotti tutto l’anno. E vorrei incrementare anche la superficie irrigua aziendale, costruendo un pozzo, e migliorare il punto vendita per garantire maggiore redditività all’azienda”.
Sguardo al futuro ma radici ben salde nella tradizione. “La passione per l’agricoltura – conclude Marco – l’ho ereditata da mio nonno. Fin da piccolo ho lavorato in azienda. Sono cresciuto tra questi terreni. Ed oggi porto avanti l’attività seguendo i suoi insegnamenti”.
E per chi volesse provare i prodotti della Soragnola, molti vengono proposti tra gli ingredienti dei piatti dello storico ristorante Blue River di Marzolara gestito dalla famiglia di Federica, compagna di Marco.