Vendemmia 2024, le prime valutazioni fanno ben sperare

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Riportiamo le impressioni e le valutazioni dell’annata vendemmiale nel territorio emiliano romagnolo, raccogliendo testimonianze da tecnici e produttori, nella consapevolezza che l’annata non è conclusa al momento della chiusura del giornale e che l’andamento climatico, come sempre, potrebbe influire sui risultati finali.

Piacenza

È ancora presto per stilare un bilancio della vendemmia 2024 nel piacentino, ma le piogge insistenti della scorsa primavera e le bombe d’acqua che a più riprese hanno martoriato il primo scorcio d’estate, non potevano che avere pesanti conseguenze sulla raccolta, per cui sui filari, per la scarsa allegagione e per il proliferare della peronospora causa l’umidità, ci saranno non meno del 30% di grappoli rispetto allo scorso anno. La qualità dovrebbe essere discreta, con punte di miglioramento in base alle condizioni pedoclimatiche.
Essendo la viticoltura piacentina per il 95 per cento in collina e diffusa in vallate diverse per clima e terreni, si valuterà alla fine la reale conclusione qualitativa della raccolta, ma a soffrire sarà soprattutto la croatina che, com’è noto, è indispensabile, con il barbera, per produrre il Gutturnio.
Inoltre il clima avverso ha fatto lievitare i costi, con notevoli difficoltà operative per le attività di difesa e per tutte le lavorazioni agronomiche. In particolare, il 2024 è stato pesantissimo per i produttori biologici che hanno dovuto intensificare tutte le operazioni di difesa per salvare le produzioni a causa delle abbondanti piogge primaverili, sostenendo così costi altissimi in molti casi purtroppo senza efficacia. Il calo delle quantità raccolte in generale sarà comunque molto significativo anche nel convenzionale.
Nel biologico le spese per l’intensificarsi dei trattamenti, necessari per salvare la produzione, sono state molto alte e nonostante ciò le perdite raggiungono in alcuni appezzamenti punte fino al 70%. Un’annata eccezionale e senza precedenti nella sua negatività. Ma non solo le piogge ma anche lo sbalzo termico registrato durante le fasi di germogliamento ha contribuito alla minor produzione di grappoli.
La nota positiva è l’interesse mostrato per ora nell’acquisto di uva con le prime contrattazioni e quotazioni che sembrano più incoraggianti; l’auspicio è che sia il segnale di un cambio di passo assolutamente necessario, ma anche nel piacentino, come del resto in molte parti d’Italia, le vendite dei rossi nello scorso anno hanno registrato un calo. Una situazione che deve cambiare, altrimenti la viticoltura rischia di ridimensionarsi fortemente, anche perché senza il giusto riconoscimento alle imprese non si potrà garantire il ricambio generazionale e il futuro in agricoltura ai giovani.
I dati parlano chiaro: la viticoltura piacentina ha bisogno di essere valorizzata dal mercato. Dal 2012 al 2022, nella provincia si sono persi circa 600 ettari di vigneti, scesi da 5600 a 5000 e il numero delle aziende ha subito un calo ancora più drastico passando da 2275 a 1407, seppur con superfici medie aziendali cresciute di oltre un ettaro. Questo principalmente perché i produttori continuano ad affrontare annate con redditi al di sotto dei costi produttivi.
Per questo i prezzi delle uve devono essere sostenuti per garantire futuro ad una produzione, con forti tradizioni radicate e un’alta qualità riconosciuta, sia valorizzando sempre di più le Doc che con la ricerca di nuovi sbocchi di mercato.

Reggio Emilia

“Grazie a un’estate con temperatura elevate, la vendemmia sul territorio reggiano è iniziata con leggero anticipo rispetto alla media: subito dopo Ferragosto, con le uve bianche della fascia collinare. E poi è proseguita con le rosse come Ancellotta e Lambruschi sull’intero territorio”. Parole del presidente Cia Reggio Emilia, Lorenzo Catellani.
“In generale, possiamo affermare che la qualità è davvero buona e la quantità è elevata – prosegue -. La primavera piovosa ha, infatti, evitato stress idrici, come avvenuto invece negli anni precedenti. Le uve sono sane, i grappoli belli e abbondanti, la gradazione è in linea con le aspettative. Siamo dinnanzi a un’ottima annata”.
La produzione “pare essere in leggero incremento (tra il 5 e il 10%) rispetto al 2023, quando erano stati superati i 1.160.000 quintali di uve pigiate. Ma l’anno scorso era stato particolarmente critico, dal punto di vista della quantità a causa del caldo: è stata in calo del 9.8% rispetto al 2022. Il 2024 fa dunque segnare un rientro sostanziale nella media”.

Modena e Bologna

Nel modenese vengono segnalati incrementi produttivi in generale. Le temperature hanno rallentato al maturazione “allungando un po’ la vendemmia – osserva Alberto Notari, presidente di Cia Emilia Centro – riportando nel ‘periodo convenzionale’ le date di raccolta. La lenta maturazione e le temperature non troppo calde hanno inoltre favorito aromi e polifenoli”. Nella varietà lambrusco di Sorbara i tecnici evidenziano poca acinellatura e sono ottimisti per i risultati che ne deriveranno in cantina.
“Anche il Pignoletto manifesta una crescita nelle rese per ettaro, con buona qualità. Nelle colline bolognesi c’è ottimismo per le performance quali-quantitative delle varietà che connotano il territorio, mentre nel versante modenese, anche per il Lambrusco di Castelvetro sarà una buona annata”, conferma che viene anche dal presidente del Consorzio tutela del Lambrusco, Claudio Biondi.

Romagna

La produzione della vendemmia 2024 si prospetta buona, anche se dopo i giorni di abbondante pioggia occorre attendere gli effetti sui grappoli rimasti sulla pianta. “Uva ce n’è, la produzione è buona, la qualità pure e anche l’aspetto sanitario è buono – commenta Giorgio Ricci Maccarini, dell’omonima azienda agricola di Barbiano (Ravenna) -. Le gradazioni sono nella media, scendono un po’ per gli impianti con molta produzione. Molto buona è stata invece la produzione delle uve precoci, Pinot e Chardonnay, raccolte a fine agosto”, aggiunge Ricci Maccarini. “Con il nostro Trebbiano dovremmo raggiungere la produzione dello scorso anno, molto probabilmente con qualche punto in più rispetto alla media dei 300 quintali per ettaro in pianura. Almeno fino a 3 giorni prima che piovesse, del marcio non ce n’era, ora occorre aspettare l’evolversi dell’uva rimasta su, per capire se la fase finale della vendemmia sarà compromessa”.

“L’uva quest’anno c’è, il grado non è altissimo, ma di frutto ce n’è parecchio, un po’ per tutti tre i vitigni tipici – dice Stefania Bellini dell’azienda agricola Loiano di Brisighella -. Lo scorso anno la nostra zona è stata colpita dall’alluvione e le viti si erano ammalate”. Ma per Bellini da considerare non ci sono solo gli eventi climatici. “Nel nostro caso quest’anno abbiamo avuto il problema dei cinghiali che si sono mangiati molti quintali di uva. La questione è che non ne arriva uno sporadico, da qualche tempo, per difendersi dai lupi, hanno iniziato a stare in branchi, e quando arrivano devastano tutto. Noi siamo stati costretti a recintare tutto con il filo elettrico”.

Uve sane anche nel riminese e nel cesenate – spiega Daniele Rossi, responsabile agronomico Cantina dei Colli Romagnoli -, anche se le quantità sono leggermente inferiori alle aspettative. In tutto il riminese l’estate molto siccitosa ha compromesso in maniera generale la distensione cellulare delle bacche; i grappoli hanno un peso minore, con alcuni vigneti, soprattutto nelle colline più impervie e siccitose, dove si sono registrati alcuni appassimenti e scottature, con il risultato di cali quantitativi importanti”.
“Un po’ meglio è andata nella parte nord della provincia dove i grappoli sono rimasti più grandi e leggermente più pesanti. Questa situazione è riferita al Sangiovese, vitigno presente in percentuali molto alte in provincia. Il Trebbiano romagnolo e il Trebbiano toscano occupano un ettaraggio basso e talvolta sono presenti nelle zone meno impervie e siccitose”.

Piccola parentesi sul Grechetto gentile di Rimini, uva per la Doc Rimini Rebola: “Le uve sono veramente molto belle e zuccherine – sottolinea Rossi – che fanno sperare di una Rebola di alto livello qualitativo”. La vendemmia non è completata, “ma possiamo stimare un calo rispetto alle aspettative che potevano esserci ad inizio estate. Nel cesenate mediamente ci sono stati meno problemi di stress idrico nei vigneti e anche i grappoli hanno mantenuto una turgidità e un peso leggermente maggiore. L’Albana è stata raccolta nei primi giorni di settembre con perfetto stato sanitario e buono zucchero”. Per quanto riguarda le condizioni sanitarie, prima delle piogge, “in tutto il riminese e anche nel cesenate le uve hanno beneficiato dell’estate molto asciutta e sono mediamente molto sane. Si sono registrati alcuni attacchi di Tignoletta in terza generazione e di Drosophila suzukii ma solo in aree ristrette. Le uve rosse nella prima metà di settembre avevano una buona maturazione fenolica mentre per le uve bianche si sono fatti i conti con le acidità totali che tendono ad abbassarsi velocemente, una costante quando le temperature sono così elevate a ridosso della vendemmia. La vera grande incognita per le uve rimaste da vendemmiare – conclude Rossi – saranno gli effetti della quantità di pioggia caduta”.

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