Un Maremmano Abruzzese per proteggere le greggi dai lupi

Claudio Ferri

SAREZZANO (Alessandria) – La sua prima esperienza lavorativa è iniziata allevando canarini a Manduria, poi ha lavorato in Finlandia in una scuderia di cavalli da corsa e di nuovo in Italia ha collaborato in una multinazionale del settore mangimistico. Dopo queste esperienze Dario Capogrosso, con la passione per i Pastori Maremmani Abruzzesi ha deciso con la moglie di mettersi in gioco individuando in una vecchia cascina abbandonata da mezzo secolo a Sarezzano di Alessandria il luogo in cui iniziare ad allevare cani da guardiania. Capogrosso ha una laurea in scienza e tecnologia delle produzioni animali ed ha frequentato un master in Olanda in conservazione della fauna selvatica, studi che gli hanno consentito di avere le idee chiare nell’affrontare il suo progetto imprenditoriale.
Nelle colline tortonesi l’allevatore dispone di 18 ettari di pascolo (acquistati attraverso l’Ismea), di 40 fattrici di Pastore Maremmano Abruzzese, oltre a sette femmine di Lagotto romagnolo da tartufo e tre Pastori della Sila.

“Inoltre, allevo anche lo Spino degli Iblei (un antico cane siciliano da pastore, tipico dell’area pedemontana dei Monti Iblei e adatto anche questo per la guardia delle greggi), oltre al Cane Fonnese, esemplare originario del nuorese: queste ultime sono razze antiche riconosciute dall’Enci (Ente nazionale cinofilia italiana) che mi piace allevare”.

L’attività non è priva di ‘insidie burocratiche’, poiché oltre al rispetto delle norme sanitarie come tutti gli allevamenti, quello dei cani è un settore particolare in quanto è sì attività agricola, ma le norme edificatorie per il loro ricovero lo assimilano ad un canile, con specifiche indicazioni.

“Io allevo in grandi recinti e non mi verrebbe consentito di tenere cani liberi se non edificando una batteria di box su cemento – osserva – ma ovviamente non posso cementare tre ettari di campo. I grandi spazi mi servono per l’addestramento dei cani da guardia che vivono a contatto nei paddock con alpaca per farli familiarizzare con le greggi che poi dovranno custodire”. Le disposizioni locali prevedono che la recinzione deve essere interrata ad una profondità di 80 centimetri e alta 1,80 metri. “Ho recintato 4,5 chilometri di area adibita a pascolo e bosco – precisa –, quindi è comprensibile quanto oneroso e faticoso sia stato l’investimento”.

Capogrosso alleva soggetti da compagnia e da lavoro: con questi ultimi lavora all’interno delle mandrie e ogni cucciolo ha bisogno di un addestramento che varia in base alla sua destinazione. “Preparo i cani a seconda del loro ruolo nelle aziende”, sottolinea.
Nel recinto stabulano in libertà alpaca e polli, necessari per consentire ai cuccioli di prendere familiarità con animali che poi dovrà proteggere. “Inserisco i giovani cani nel paddock dove ci sono adulti ‘formatori’ da cui prendono esempio e apprendono le tecniche di controllo degli animali da reddito”, spiega ancora Capogrosso. “Si tratta di un percorso didattico che compiono i cuccioli che non devono danneggiare i soggetti allevati, ma proteggerli”. All’età di 6 mesi Dario inserisce i cani nel recinto all’aperto con galline e alpaca per smorzare il naturale istinto predatorio che anche i cani in parte conservano.

“Ad esempio, ho consegnato in Germania un Maremmano per una azienda di suini allevati allo stato brado e che deve contrastare la presenza di lupi. Va detto – ricorda Capogrosso – che mediamente occorrono almeno 5 cani per contenere i predatori, se la loro densità è alta e se la superficie è ampia, altrimenti il lupo si mangia pure i cani. Una coppia è invece sufficiente se la presenza del lupo è sporadica. Riguardo ai cani da guardiania che fornisco all’estero, in alcune aree degli Stati Uniti dove ci sono coyote, è sufficiente un solo esemplare. Ne basta uno anche per tenere a bada i dingo in Australia che predano pecore e oche”.

Capogrosso non dimentica di sottolineare che anche il cane fa parte della catena alimentare del lupo “e se non lo attacca è solamente perché ha timore di essere ferito, scatta in lui quindi l’istinto di conservazione della specie”. I soggetti da guardia impiegati per l’alpeggio devono perciò avere caratteristiche superiori alla media e va scelto il più forte della cucciolata, per avere garanzie di successo.

La professionalità, l’esperienza zootecnica e cinotecnica maturate negli anni, hanno consentito a Capogrosso di creare una realtà apprezzata e riconosciuta (l’azienda è anche biologica), tanto da valere il premio “Bandiera Verde Agricoltura 2016” della Cia.

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