Settembre 2014
Competitori agguerriti ed euro forte incidono sugli scambi
Claudio Ferri
Le pigiatrici sono entrate in funzione nelle cantine dell’Emilia Romagna, ma indipendentemente dal raccolto dell’annata, che si preannuncia in termini produttivi molto simile al 2013 – salvo recrudescenze del maltempo che potrebbero compromettere parte del vendemmiato – in questi ultimi mesi il mercato internazionale del vino ha visto una brusca frenata dei prezzi dopo che tra il 2011 ed il 2013 si era assistito ad incrementi a doppia cifra, specie sui vini generici. Calano anche i volumi commercializzati, con dinamiche diverse a seconda della tipologia dei vini e dei mercati internazionali. Scendono le vendite dello sfuso, con punte del 30 %, ma anche degli spumanti (- 14% in Germania e – 49% in Russia), mentre su base annua, (marzo 2013, aprile 2014) la flessione complessiva dell’export è stata superiore del 10%.
È inoltre in flessione anche il mercato cinese sul quale si erano create molte aspettative commerciali.
“Riguardo alla Cina questo andamento è dovuto alle campagne anticorruzione del nuovo presidente cinese Xi Jinping eletto nel marzo scorso – spiega Gian Paolo Gavioli, export manager di Cantine Riunite Civ – ed anche ad un assestamento del mercato del vino che ha visto una esplosione del numero di importatori negli ultimi anni.
C’è preoccupazione sulle vendite dei vini e sul crollo dei prezzi?
Si, anche perché non ha aiutato neppure il calo delle valute in mercati interessanti come il Brasile e la Russia, con un euro comunque eccessivamente forte nei confronti del dollaro.
Cioè?
Consideriamo che la quotazione del dollaro ha un impatto sia nell’export verso gli Stati Uniti, sia nella competitività dei vini cileni, argentini ed anche californiani, molto forti in numerosi mercati del mondo. Le piogge incessanti delle ultime settimane, che potrebbero condizionare la vendemmia, hanno per il momento frenato la caduta dei prezzi.
Veniamo al lambrusco: come sta andando?
Negli ultimi anni si è assistito alla ricerca di prodotti a minor gradazione alcolica, c’è una crescita dei vini con bollicine (il prosecco ne è un esempio), situazione che ha portato benefici anche ai vini emiliani, con uno sviluppo di nuovi mercati come la Russia ed il Messico, ma con prospettive interessanti in tutta l’area asiatica.
La nuova legislazione sui lambruschi, che prevede l’obbligo della ‘presa di spuma’ in zona di produzione, porterà anche un beneficio alle imprese del territorio.
I controlli sulla produzione, la collaborazione tra i due più importanti consorzi dei frizzanti emiliani col progetto del distretto del Lambrusco consentiranno quelle politiche di investimento sui principali mercati esteri necessari per far conoscere un vino unico al mondo, spesso bistrattato e poco conosciuto nella sua complessità e varietà.
La promozione dei vini e del territorio ha portato benefici?
L’area emiliana nel mondo sta ricevendo molta attenzione da parte degli operatori esteri in primis grazie a vari elementi, dalla presenza dell’Osteria Francescana, al lavoro dei consorzi di promozione di prodotti tipici, da Piacere Modena a quello del Parmigiano Reggiano e del Prosciutto di Parma.
Anche il terremoto ha acceso i fari su un’area da pochi stranieri conosciuta.
Eventi all’estero, inviti di operatori e giornalisti stranieri, la qualità della vita delle aree emiliane nonché l’operosità dei loro abitanti e la presenza del marchio italiano più famoso al mondo, la Ferrari, ha suscitato l’interesse di migliaia di persone: tutti fattori che hanno a loro volta contribuito a far conoscere le eccellenze vitivinicole.
Quali sono i competitori più agguerriti?
Il nostro maggiore competitor oggi è la Spagna sui vini di grandi volumi, specie per vino generico. Ha aumentato la produzione e nel 2014 diventerà la prima nazione produttrice grazie alla trasformazione degli impianti viticoli.
Fortunatamente sui vini frizzanti non è ancora riuscita a esprimere una alternativa al Lambrusco.
La Spagna sembra però esprimere una organizzazione efficiente
Va infatti considerata la loro capacità di programmazione e di organizzazione: un settore meno frammentato e con aziende di maggiori dimensioni: penso, ad esempio, a realtà come il Cava a Freixenet e Codorniu oppure a Garcia Carrion.
Grande distribuzione: cosa cerca sul mercato?
Richiede investimenti commerciali, capacità delle aziende di costruire marche a maggiore valore aggiunto, innovazione di packaging e di prodotto, stabilità nei prezzi.
In particolare il mercato britannico richiede forniture provenienti da impianti produttivi di alta efficienza qualitativa (quindi accompagnati da certificazioni) ed operatori professionali in grado di dare risposte tempestive. Inoltre l’Inghilterra ricerca vini leggeri, frizzanti, sulla scia del buon successo del Prosecco.
A livello internazionale che requisiti servono per vendere?
Il mercato mondiale richiede operatori di grandi dimensioni e che conoscano la rapida evoluzione di nuove aree di consumo come l’Africa e l’area asiatica, imprese capaci di operare con volumi consistenti di prodotto e di investire sulle marche.
E in Italia?
A livello nazionale invece occorre costruire un programma di impatto sulle piazze principali, strettamente legato al turismo. I fondi Ocm del settore (Organizzazione di mercato) sono stati importanti in questi anni, ma in parte penso siano stati utilizzati per bilanciare gli aumenti dei costi delle bottiglie e non per valorizzare i vini stessi o le denominazioni.
Che succede nei principali Paesi?
In Germania crescono i discount: Aldi e Lidl rappresentano il 50% delle vendite off-trade. Usano il vino per dimostrare la qualità dei loro prodotti, con prezzi molto competitivi a margini molto bassi creando problemi con catene tradizionali.
Nel Regno Unito invece cresce il ‘peso’ del prodotto imbottigliato direttamente: la Gran Bretagna utilizza molti vini cileni ed australiani, mentre quelli italiani vengono venduti nella Gdo per oltre il 70% come private label. L’Italia purtroppo non esprime ‘marche forti’. Poi c’è il ‘fenomeno’ Prosecco: ha visto una esplosione di vendite (oltre 30 milioni di bottiglie), sdoganando lo spumante dall’occasione di festa a vino di tutti i giorni. Anche negli Stati Uniti crescono consumi, specialmente di vini con bassa gradazione.
E la Cina, che tutti guardano con grande interesse?
La Cina è in una fase di riflessione. Si deve continuare a seguirla e per il Lambrusco può essere un mercato importante, visto che il gusto del prodotto piace. Va segnalata l’esplosione delle vendite di vino online che consentirà di comunicare meglio al consumatore la storia dei nostri vini, delle persone, del territorio.
Per avere prospettive certe cosa occorre fare?
Sicuramente serve capacita di investimento e sviluppare piani a lunga scadenza per ‘costruire la marca’: nel Prosecco, ad esempio, non ci sono stati investimenti all’estero importanti.
Gli utili hanno solo remunerato le uve ai produttori e nel mondo del lambrusco non si deve fare lo stesso errore.