Luca Soliani
Oggi, il primo posto nella produzione di angurie e meloni a livello internazionale è della Cina, che da sola rappresenta oltre il 40% della produzione di anguria e il 35% di quella del melone. A grande distanza, Turchia e Iran si contendono la seconda e terza posizione di questa speciale classifica, rispettivamente con il 2,05% e 2,03% per l’anguria e l’8,17% e 8,27% per il melone.
Seguono poi Marocco, Egitto, Messico e Brasile. Per quanto riguarda l’anguria, l’Italia occupa poco meno dello 0,3% della produzione mondiale, in Europa è dietro a Spagna e Grecia. Più importante risulta invece la coltivazione del melone, dove il Belpaese detiene una quota dell’1,23% e si colloca all’undicesimo posto a livello internazionale, alle spalle della Spagna.
Ma andiamo con ordine.
Per quanto riguarda l’anguria, in Europa esiste una sola Igp, quella dell’Anguria Reggiana Igp, la cui caratteristica è di essere coltivata in terreni argillosi e secondo un disciplinare che garantisce, oltre all’origine, il contenuto minimo garantito in zucchero (12-13 gradi brix) dei frutti. Nel 2020 ne sono stati prodotti 10mila quintali, circa 100mila angurie. L’obiettivo è quello di raggiungere in poche stagioni le 10mila tonnellate, con una crescita del 10-20% l’anno. A coltivare questa eccellenza tutta ‘made in Reggio Emilia’, su un centinaio di ettari, sono 14 aziende agricole del territorio.
Affiliati nel Consorzio di tutela dell’Anguria Reggiana Igp fanno del Consorzio il luogo dove scambiarsi idee, condividere ricerca, aiutarsi vicendevolmente nell’attività quotidiana, con l’obiettivo di mantenere standard qualitativi di eccellenza. Coltivatori di Anguria Reggiana da generazioni, che lavorano mantenendo vivo un sapere antico. Etica, tradizione e legame con il territorio sono i valori che accomunano tutti i produttori. Le tecniche colturali, affinate grazie a secoli di esperienza e integrate con la giusta dose di innovazione, seguono questi valori. A questi si unisce il rispetto della terra con metodi di coltivazione sostenibili. Lotta integrata, rotazione delle coltivazioni, concimazione organica, impollinazione con le api, risparmio idrico, utilizzo di insetti utili, sono tra i fondamentali della produzione di Anguria Reggiana Igp. L’annata 2021 parte con un dato negativo: le alte temperature e le intense gelate che si sono susseguite nell’arco di poche settimane hanno danneggiato le piantine. Il tempo per recuperare c’è, ma i tempi per i primi frutti rischiano di allungarsi.

Sono i due nemici principali che assediano le produzioni nostrane da sempre protagoniste dell’estate
Per quanto riguarda i meloni, a livello nazionale la produzione è stabile sulle 500mila tonnellate. Tra le regioni produttrici, la Sicilia è in testa con il 30%. Seguono Lombardia (17%), Puglia (10%) ed Emilia Romagna con il 7%. Anche per quanto riguarda i meloni, le gelate hanno causato pesanti danni alle coltivazioni nei tunnellini. Le conseguenze delle temperature sotto zero sono state invece meno gravi sotto serra, specie per coloro che hanno anche coperto le piantine con un altro tessuto. Gli sbalzi di temperatura hanno comunque inciso e c’è il rischio di problemi successivi, anche per le piante risparmiate dal gelo. Prevedibile un significativo calo produttivo.
Lo scorso anno è nato il presidio Slow Food degli Antichi meloni reggiani. Il progetto, riguardante le varietà Rospa, Ramparino, tipologia Banana – Santa Vittoria e Lentigione, interessa l’area di produzione che coincide con le zone di pianura e pedecollinari della provincia di Reggio Emilia e aree omogenee e limitrofe delle province di Parma, Cremona e Mantova. Le aziende produttrici sono nove. All’iniziativa di recupero ha partecipato l’Istituto superiore di Reggio Emilia, Antonio Zanelli.



