Buona qualità e superfici in recupero per il melone

L’avvicinarsi della stagione più calda ci porta a valutare quali siano le prospettive per i più caratteristici frutti estivi, tra i quali un ruolo di rilievo ha certamente il melone, erba annua della famiglia delle cucurbitacee, detta anche popone, originaria dell’Asia ma diffusa nei cinque continenti.

Gianni Verzelloni

Partiamo da un’occhiata al panorama mondiale di questa produzione: sorprendentemente (almeno per me) il maggior protagonista del mercato mondiale è il Guatemala, che ha preso il posto della Spagna; il paese del centro America ha esportato la scorsa campagna qualcosa come 4.553.000 quintali del succoso frutto, superando di oltre 100 mila quintali la corazzata iberica. I due paesi hanno un volume di export che sfiora l’intera produzione nazionale di melone italiana! Almeno rispetto ai quantitativi prodotti in pieno campo. Dietro questi due paesi si piazza il Brasile.

Nel panorama europeo, lo dice quanto appena riportato, il mercato è dominato dalla Spagna, dove oltre la metà della produzione e dell’export vengono dalla regione di Murcia. Tuttavia, l’enorme volume di produzione spagnola rende difficile ottenere buoni prezzi.

Passando lo sguardo sulla realtà italiana, va detto che in controstagione la domanda è bassa. Fino a fine marzo si potevano trovare meloni mini provenienti dai paesi dell’America centrale, che come abbiamo visto sono esportatori di grande rilievo, a partire dal vicino mercato statunitense fino alle nostre contrade. Disponibili anche meloni retati provenienti dal Marocco, ma la richiesta è limitata; in generale non ci sono grandi volumi d’importazione, perché il consumatore italiano associa il consumo di questa cucurbitacea con il caldo dell’estate, quando c’è ampia disponibilità del prodotto nazionale. Quest’anno, una stagione incerta con il caldo che ha tardato, ha quindi ridotto al lumicino il mercato dei meloni. Si spera ovviamente che i mesi estivi portino l’auspicato cambiamento anche nell’incremento dei consumi.

Anche il nostro vivaista di riferimento, Pietro Codeluppi da Guastalla, ci conferma che i trapianti sono iniziati a rilento; con l’avanzare di aprile ed il migliorare delle temperature si è avuto un picco nei trapianti, che sostanzialmente dovrebbero ricalcare le superfici investite dello scorso anno, forse qualcosa in più – segnala –, ma certo non si vedranno nelle nostre zone grandi aumenti. Diverso il discorso sul piano qualitativo, perché secondo Pietro oggi sul mercato ci sono proposte di prodotti migliori.

La realtà produttiva italiana (dati Istat fornitici dal Cso) vede nettamente prevalente la produzione del sud, che in linea di massima fornisce i due terzi del prodotto nazionale, lasciando il restante terzo al centro nord. Il dato nazionale per quanto riguarda la produzione in pieno campo segnala variazioni da 20 mila a 2 mila Ha, con una produzione 2017 che ha sfiorato i 5 ml q.li, ma in calo di un 10% e più rispetto agli anni precedenti.

Nettamente prima tra le nostre regioni è la Sicilia, che pur con notevoli variazioni anche da un anno all’altro (ad esempio dal 2016 al 2017 è passata da 9.500 a 8.500 Ha investiti, per una produzione di circa 1.400.000 quintali, in calo accentuato rispetto all’anno prima, considerando che la siccità del 2017 ha pesato in generale sulla produzione).

Segue la Lombardia, con 2.500 Ha ed una produzione record lo scorso anno, che ha superato i 900 mila q.li. Le province di Mantova e Cremona sono quelle più vocate, basti pensare all’Igp del melone mantovano. Terza regione è la Puglia che investe in meloni oltre 1.900 Ha, poi segue l’Emilia Romagna.

La nostra regione ha una superficie a melone che si aggira intorno ai 1.400 Ha, e produzioni che sfiorano i 400 mila q.li, con l’ultima annata che però si è contenuta appena sopra i 350 mila.
Tra le nostre province Ferrara è nettamente avanti con oltre 600 Ha di meloni ed una produzione 2017 di oltre 130 mila q.li; segue Modena a 320 Ha (ma in forte calo rispetto all’anno prima quando gli ettari erano 370) e quasi 93 mila q.li, poi Reggio Emilia con 260 Ha e 65 mila q.li prodotti. Poche decine risultano gli ettari investiti nelle altre province.

Le coltivazioni protette (in serra) vedono una superficie nazionale per circa 3.500 Ha, con produzioni variabili tra il milione e 1,1 ml q.li. In questo caso prima regione è la Lombardia, seguita da Veneto ed Emilia Romagna. Per quel che ci riguarda va precisato che i 4/5 della produzione in serra sono realizzati nel ferrarese.

Uno sguardo ai prezzi, ci dice che quelli rilevati nel 2017 a Bologna sono doppi rispetto al mercato di Verona (i più alti dell’annata sono stati 1,55 contro 1,05 quelli di fine stagione 0,35 contro 0,18), il che rafforza il ragionamento di Codeluppi sulla migliore qualità che si realizza nelle nostre campagne.
Un fattore che si rafforza con un’ulteriore osservazione del nostro interlocutore, relativo alla realtà reggiana, molto cresciuta in anni recenti: lo sviluppo è concentrato in alcune aziende grandi (2-3), che non a caso fanno riferimento ad una realtà commerciale emergente, ovvero l’Op Don Camillo.

Articoli correlati

WhatsApp chat

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella privacy policy. Clicca ok per proseguire la navigazione e acconsentire all’uso dei cookie.