Luca Soliani
DALLA REDAZIONE – “I nostri allevatori hanno agito con grandissima responsabilità e non devono essere abbandonati”. È l’appello lanciato alle istituzioni da Antenore Cervi, vicepresidente regionale Cia Emilia Romagna, in merito all’emergenza ‘peste suina’ che minaccia gli allevamenti italiani.
“Il 6 gennaio è stato trovato il primo caso nel territorio ligure: una carcassa di cinghiale infetta – ricorda Cervi -. Da quel giorno è emersa e si è propagata un’epidemia che ha infettato vaste fette di territorio”.
La malattia – sottolinea – riguarda “esclusivamente i suini e i cinghiali: provoca una mortalità che può arrivare all’80%. Non ci sono rischi per l’uomo. È una malattia che in tutto il mondo si prova a eradicare, in Italia è congenita in Sardegna. Il nostro Paese da anni ‘ha portato a casa’ la regionalizzazione, grazie cui il resto d’Italia è stato dichiarato immune. Ma questa positività ha innescato immediatamente problemi dal punto di vista commerciale nelle esportazioni, soprattutto dei prodotti crudi Dop e Igp”.
A livello internazionale, negli ultimi anni la peste suina ha colpito duramente la Cina (con un dimezzamento delle produzioni, oltre 200 milioni di suini abbattuti in un anno). In Europa il fenomeno “era circoscritto ai Paesi dell’Ucraina, della Romania e dell’Ungheria nei selvatici. Poi, nel 2018 è stato riscontrato un caso eccezionale, lontano da una possibile trasmissione per contatto, in Belgio che è stato risolto ed eliminato in due anni. A tutt’oggi ci sono casi in Polonia e Cecoslovacchia. Qualche caso è stato riscontrato anche in Germania, al confine con questi Paesi: la malattia è stata contenuta e circoscritta”.
In Italia, il fenomeno “è partito sull’Appennino, tra Liguria e Piemonte. I casi sono stati riscontrati tra le due autostrade che di fatto sono state barriere fisiche nel contenere l’espansione nei cinghiali. Fortunatamente, nessun allevamento da reddito è stato al momento coinvolto”. In tutto, a oggi “sono stati riscontrati circa 60 casi: tutto sommato un fenomeno contenuto. Ma qualche caso è emerso al di fuori del territorio compreso tra le due arterie stradali e questo è fonte di preoccupazione”.
Cervi sottolinea che sul territorio dove si sono verificati i casi, “c’è già stata una ispezione della Comunità europea che ha dato le linee guida già prese nel resto d’Europa dove è presente la malattia ma che da noi sono di difficile applicazione a causa della conformazione del territorio”. Nell’Appennino emiliano romagnolo, confinante con quello dove è emersa la malattia, è partita da tempo un’azione di monitoraggio che, per fortuna, fino a oggi non ha registrato positività.
Cervi giudica molto positivamente la manifestazione organizzata da Cia a Rossiglione (Ge) per sensibilizzare le istituzioni sul problema. Oltre a vari esponenti della Confederazione, tra cui una delegazione reggiana, erano presenti decine e decine di allevatori, tantissimi rappresentanti delle istituzioni locali, provinciale, regionali e nazionali.
Cervi boccia, però, i provvedimenti presi fino a ora.
“Il decreto, che abbiamo atteso a lungo, è blando e il Commissario non ha poteri sufficienti per poter per agire. Cintare l’area infetta è complicato: chi conosce il territorio sa che sarebbe impossibile”.
Il vicepresidente regionale chiede una campagna di controllo e riduzione del numero dei cinghiali: “Sul territorio nazionale ne circolano liberamente oltre 2 milioni: sono un pericolo pubblico in campagna e nelle città e sono la principale minaccia per la diffusione della peste suina tra gli allevamenti”.
Cia da tempo chiede di rivedere le regole di gestione della fauna selvatica e, con il progetto ‘Il Paese che Vogliamo’ del 2019, è arrivata anche a presentare al Governo la sua proposta di revisione della Legge 157 del 1992.
Una normativa “troppo datata per riuscire ad affrontare un problema ormai fuori controllo, che negli ultimi quattro anni ha causato almeno 200 milioni di euro di danni all’agricoltura, oltre a centinaia di incidenti stradali, fino a portare il contagio della peste suina sul territorio”.
Ora non c’è più tempo da perdere, e Cia chiede che il numero dei cinghiali venga contenuto al più presto entro limiti sostenibili e che le misure per contrastare la diffusione della peste suina siano applicate con la massima urgenza, garantendo il rimborso rapido, senza vincoli e burocrazia, del 100 per cento dei danni subiti dagli agricoltori.