Diga di Ridracoli, esempio di lungimiranza per contrastare la siccità

Ridracoli

Lucia Betti*

RIDRACOLI (Bagno di Romagna) – Nel 1966, con una scelta saggia e lungimirante, gli amministratori locali decisero di dare vita al Consorzio Acque per le Province di Forlì e Ravenna.
La “prima pietra” di un percorso lungo oltre mezzo secolo che oggi vede come protagonista Romagna Acque-Società delle Fonti Spa nata nel 1994 (erede del Consorzio), a capitale totalmente pubblico, proprietaria (dal 2004) di tutte le fonti idropotabili per usi civili della Romagna, che effettua la fornitura all’ingrosso della risorsa per le province.

L’acqua distribuita proviene mediamente per la metà del fabbisogno idropotabile dal grande serbatoio di Ridracoli, dal più recente potabilizzatore della Standiana, dalla diga del Conca (importante soprattutto per quanto riguarda la stagione estiva) e anche da numerose fonti locali di vario genere: di falda nel riminese, di superficie nel ravennate, entrambe nel territorio forlivese e cesenate.
I lavori per la costruzione della diga si svolsero dal 1976 al 1982 e nel 1987 iniziò la distribuzione da parte dell’Acquedotto della Romagna, che fa capo a Ridracoli.

Nella pur complessa situazione dovuta alle attuali condizioni meteorologiche e al cambiamento climatico, a inizio luglio la situazione non è problematica, l’acqua da bere c’è nelle tre province romagnole di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini.
L’aspetto più critico riguarda l’utilizzo per uso irriguo agricolo, motivo per cui Romagna Acque si associa alla Regione nell’esortare la cittadinanza a non sprecare acqua.

L’impianto più in crisi è il potabilizzatore della Standiana, in provincia di Ravenna, che riceve acqua dal Po tramite il Cer (il cui utilizzo primario riguarda l’agricoltura). Se venisse a mancare la risorsa necessaria dal Cer, attraverso il Po, per alimentare i due principali impianti di potabilizzazione dell’area ravennate sarebbe necessario riequilibrare diversamente le fonti di approvvigionamento del territorio ravennate.

“Quest’ennesima estate siccitosa ci conferma da un lato la validità della scelta strategica fatta alcuni anni fa – sottolinea il presidente Tonino Bernabè – quando decidemmo di realizzare il nuovo impianto della Standiana e di favorire un’ulteriore integrazione fra le diverse fonti idropotabili, anche al fine di ridurre progressivamente il consumo da falda. Dall’altro lato, ci pare che l’ipotesi di aumentare la captazione di 15-20 milioni di metri cubi annui grazie a un nuovo invaso in Appennino, con appositi studi già più volte presentati e discussi anche in ambito regionale, sia sempre più contingente e corroborata dagli eventi atmosferici in questa situazione ormai condizionata da evidenti cambiamenti climatici.
La scelta di realizzare nuovi invasi potrebbe essere la soluzione più idonea e urgente per fare fronte ai fabbisogni e la logica della differenziazione e dell’integrazione delle fonti rimane la risposta più adatta, anche per il futuro”.

*In collaborazione con Alberto Mazzotti, Romagna Acque

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