Fieravicola, il futuro di un settore leader

Aprile 2015

Mara Biguzzi

FORLì – Si è svolta il 16 e 17 aprile scorsi, alla presenza di Giuseppe Castiglione, sottosegretario alle Politiche agricole e forestali, “Fieravicola 2015”, il salone internazionale biennale dell’avicoltura e della cunicoltura che si tiene alla Fiera di Forlì.
Un settore, quello avicolo, che in Italia “vale” 5,6 miliardi di euro come fatturato complessivo, producendo e trasformando 12,5 miliardi di uova e quasi 1,3 milioni di tonnellate di carni bianche. La Romagna è tradizionalmente uno dei principali distretti italiani con circa il 20% della produzione nazionale di carni avicole, il 10% delle uova e il 35% della relativa industria della trasformazione.

“Stiamo mettendo in campo scelte politiche – ha dichiarato Castiglione – finalizzate a rafforzare le filiere, la qualità e la tracciabilità, con un sistema di qualità nazionale anche per le produzioni avicole”. Il tema della certificazione della qualità nella filiera uova è stato posto con forza da Assoavi (Associazione nazionale allevatori e produttori avicunicoli). «Come detto, il Governo – ha commentato Castiglione – sta lavorando al varo di un decreto sui regimi di qualità e in questo senso quindi si può rispondere al tema sollevato da Assoavi per la filiera uova. Inoltre, con l’azione del Governo ci sono strumenti normativi adeguati di semplificazione per le imprese agricole». La provincia di Forlì Cesena rappresenta il 30% dell’avicoltura nazionale. Sono impiegati nel settore circa 5.000 addetti e altri 5.000 nell’intera filiera (mangimistica, trasporti, servizi) e nell’indotto è impegnato il 6,4% della forza lavoro della provincia. Complessivamente il settore avicolo contribuisce così ad oltre il 50% del valore aggiunto del sistema agroalimentare provinciale.

L’avicoltura romagnola sviluppa un fatturato complessivo di 1,200 miliardi attraverso i suoi 243 allevamenti, organizzati in strutture cooperative con un totale di 563 soci, e con presenza di soli polli da carne superiore a 66 milioni di capi. Questo processo avviene anche grazie all’organizzazione cooperativa delle imprese, la quale permette lo sviluppo di imprenditoria diffusa sul territorio. Sono presenti in Romagna alcuni dei maggiori protagonisti dell’avicoltura nazionale: Amadori, Del Campo, Cafar, Copra e Copua queste ultime due nel solo settore delle uova.
La zona ha un ruolo leader non solo sul fronte della produzione, ma anche in quello della macellazione, della trasformazione (in particolare precotti, impanati, würstel) e della commercializzazione di capi prodotti altrove.
Cresciuti collateralmente agli allevamenti, due altri importanti comparti hanno conquistato il mercato: quello della produzione di uova e quello legato alla mangimistica. Le ovaiole presenti coprono il 10% dell’intera produzione nazionale di uova, mentre le aziende mangimistiche fanno della zona uno dei più importanti centri italiani di produzione.

Nell’indotto forlivese e cesenate dell’avicunicolo, si muovono aziende di trasporti, di packaging, di prodotti farmaceutici ed attività operanti nell’ambito della tecnica degli impianti, dell’automazione e della depurazione. L’agroalimentare non avrà futuro e non ha neanche un presente se resta privo di una organizzazione di filiera. Il settore avicolo è in tal senso uno straordinario esempio di aggregazione. Oggi il comparto è un modello di filiera organizzata, che fattura complessivamente oltre 5,75 miliardi di euro, in larga parte (4,5 miliardi) realizzato dalle oltre 31 cooperative che danno lavoro a ben 10.000 addetti.
C’è una strada tuttavia che il settore può percorrere per recuperare ancora margini di efficienza: andare oltre il mercato interno, intercettando consumi fuori dall’Italia.

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