Flavescenza dorata: un sistema aereo all’avanguardia per limitare la diffusione

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Erika Angelini

FERRARA – La nemica numero uno della vite è certamente la Flavescenza dorata, una malattia epidemica a rapida diffusione, causata da un microrganismo parassita (fitoplasma) che vive all’interno della vite, trasmesso dal suo insetto vettore, l’ormai nota cicalina Scaphoideus titanus. Si tratta di una patologia al momento non curabile e difficile da debellare, che porta prima alla perdita di produttività del vigneto e poi alla morte della pianta, con gravi danni per le aziende vitivinicole e l’intera filiera di produzione del vino.

Per cercare di individuare e circoscrivere le piante colpite da flavescenza e impedire che si diffonda in tutto il vigneto, c’è un sistema davvero innovativo, capace di trovarla “dal cielo”: si tratta di un velivolo sperimentale dotato di una strumentazione all’avanguardia che può cambiare in base all’utilizzo, che va appunto dall’individuazione della flavescenza al monitoraggio di frane, inondazioni radioattività e altre problematiche agronomiche. 

È stato messo a punto da un team di giovani ricercatori del Laboratorio di Tecnologie Nucleari applicate all’ambiente del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell’Università di Ferrara, coordinati da Fabio Mantovani, professore ordinario del Dipartimento e ricercatore con innumerevoli pubblicazioni scientifiche al suo attivo, al quale abbiamo chiesto di spiegarci i dettagli del sistema e le sue prospettive di sviluppo future.

Come funziona il sistema di monitoraggio aereo per la flavescenza?

La piattaforma aerea consente di produrre immagini aeree georeferenziate ad alta risoluzione (< 1 cm/px) per individuare sulla vite i sintomi della flavescenza dorata in fase precoce. Abbiamo costruito un software che opera come un setaccio di indici spettrali. Al termine di queste operazioni vengono individuati i pixel associati alle foglie o alle piante malate. Il risultato finale è una serie di mappe di densità di piante malate e dell’incidenza della malattia.

Un sistema che appare molto efficace e promettente. Dove è stato testato in Regione?

Nel 2023 abbiamo iniziato una collaborazione con il Settore fitosanitario e difesa delle produzioni della Regione Emilia Romagna per testare il nostro metodo su un’area pilota di circa 100 ettari in due diverse zone: una nel modenese coltivata a Lambrusco e l’altra nel forlivese a Sangiovese. Grazie a questa esperienza abbiamo potuto produrre le mappe di densità delle manifestazioni della malattia che rappresentano la base su cui pianificare qualsiasi successivo monitoraggio, controllo ed intervento. Basti pensare che monitorare una superficie di circa 20 ettari di vigneto con le nostre tecnologie sono bastati 17 minuti e sono state raccolti 75 gigabyte di dati. Al monitoraggio aereo è seguito il controllo a terra per verificare le nostre predizioni: su circa 800 piante controllate dagli ispettori fitosanitari la percentuale di fallimento dei nostri dati è stata inferiore all’1%. Sicuramente un ottimo risultato per questo progetto pilota. Insieme alla flavescenza sono state individuate altre fitopatologie a sintomatologia simile come Mal dell’esca e il Legno nero, capaci anch’esse di provocare danni rilevanti alla vite.

Il progetto di contenimento della flavescenza andrà avanti? 

Il progetto con il Settore fitosanitario regionale proseguirà nei prossimi anni: l’obiettivo è monitorare 5.000 ettari nelle prossime due stagioni. Ciò consentirà alla Regione di intervenire in maniera più tempestiva, con le azioni che riterrà più idonee. 

Naturalmente il risultato della nostra ricerca non è a beneficio di un unico soggetto, ma si tratta di una ricerca pubblica a servizio di tutti, enti pubblici, consorzi e aziende private. Peraltro se troveranno conferma i risultati ottenuti, in futuro potrebbe diventare uno strumento di prevenzione diffuso non solo per l’efficacia dei risultati ma anche per i costi. 

Il sistema di monitoraggio potrebbe essere utilizzato per individuare altre fitopatologie?

Gli strumenti e le metodologie messe a punto in questa ricerca non possono essere, naturalmente, una soluzione per tutto. Per capire se può essere efficace occorre analizzare il problema o la patologia, capire come si manifesta e vedere se siamo in tempo per intervenire. Abbiamo ad esempio testato altre applicazioni, sempre su vigneti, con un progetto pilota nelle Marche per identificare lo stress idrico che colpisce sempre più spesso le piante, soprattutto a seguito dei cambiamenti climatici. In questo studio abbiamo usato termocamere per misurare la “febbre al vigneto” e costruire delle mappe di stress idrico, consentendo di pianificare irrigazioni d’emergenza solo in alcuni parti del vigneto. In quest’ottica la ricerca diventa un modo per risolvere i problemi ad hoc, grazie a un patrimonio di competenze e ingegno che va sicuramente ad arricchire le future generazioni che si formano all’università.

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