La Flavescenza dorata non accenna a diminuire

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Luca Casoli, direttore Consorzio Fitosanitario di Modena e Reggio Emilia

L’intero settore vitivinicolo, non solo emiliano romagnolo, ma dell’intero nord Italia, segue con apprensione l’evolversi della più recente recrudescenza di Flavescenza dorata che, ormai da alcuni anni, attanaglia con incidenze variabili la maggior parte degli areali viticoli.

L’attenuarsi della progressione dell’incidenza, la comparsa tardiva dei sintomi, comunque meno marcati e la flessione delle popolazioni del vettore che hanno caratterizzato la stagione 2024, avevano acceso la speranza di aver intrapreso, in maniera solida, l’uscita da questa criticità fitosanitaria.

Le attese per il 2025 erano alte, ma, in tutti contesti, si era invitato alla prudenza, in ragione dell’epidemiologia e delle caratteristiche di questa malattia.

Il netto miglioramento della situazione in termini di incidenza e sintomatologia rilevate nel 2024 è stato un fattore comune degli areali viticoli del nord Italia, facendo intuire il possibile ruolo dell’andamento meteo particolarmente piovoso (oltre 1.100 mm/anno) che, almeno per i nostri areali, è stato diametralmente opposto alle annate 2021-22 (500 -600 mm/anno).

Purtroppo le aspettative sono state, almeno in parte, disattese, soprattutto in alcuni areali, con una situazione che appare difforme a livello regionale.

Nell’annata 2025 la situazione generale è tornata ad aggravarsi, soprattutto in alcuni areali

Come anticipato, anche se servirà ancora qualche settimana per avere una rappresentazione consuntiva, si intravvede una situazione territoriale difforme, che si compone di un ampliamento dell’areale focolaio romagnolo, comunque con incidenze ancora contenute, un contesto abbastanza stabile nel territorio reggiano e una viticoltura modenese che sta soffrendo. Modena vede, infatti, un significativo incremento dell’incidenza di piante sintomatiche rispetto al 2024, seppure con una situazione complessivamente migliore rispetto agli anni 2022 e 2023, che, proprio in ragione delle considerazioni sopra riportate, è quanto ci si poteva attendere, ma che, per alcuni areali, in particolare per il Sorbarese, si traduce comunque in una situazione che permane gravissima.

Il fattore varietale rappresenta sicuramente un elemento che fa la differenza e lo si legge bene nel confronto fra le province di Modena e Reggio Emilia, caratterizzate da una viticoltura agronomicamente equiparabile, ma che si differenzia per aspetti varietali.

Il territorio modenese vede, infatti, la diffusione di vitigni particolarmente sensibili o comunque con maggior gravità di manifestazione dei sintomi, quali Lambrusco di Sorbara, Pignoletto e Lambrusco Grasparossa, rispetto al reggiano, ove Ancellotta (circa il 50% della superfice) appare storicamente meno interessata o, comunque, mostra sintomi meno marcati.

Purtroppo però, in questo contesto, rimane un fattore comune alle due situazioni: l’andamento delle popolazioni del vettore Scaphoideus titanus, che, in estrema sintesi, vede un nuovo aumento delle popolazioni di adulti seppur, per il secondo anno consecutivo, con una diffusione non ubiquitaria.

In secondo luogo un’evoluzione del contesto con l’incremento di superfici incolte, elemento che va oltre gli aspetti tecnici, ma che, assieme alle macchie di vite americana, costituisce un ulteriore elemento critico nella gestione territoriale.

Detto ciò, rimane che per questa malattia è importante l’impegno di lungo corso, le dinamiche epidemiologiche dei giallumi fitoplasmatici non consentono di aver aspettative sul breve periodo.

È fondamentale ricordare che, quantomeno per questa problematica, abbiamo una linea di gestione ben definita, a differenza di altre malattie storiche quali il mal dell’esca. Diviene pertanto fondamentale mantenere il massimo impegno nell’applicare le buone pratiche di contenimento basate sulla tempestività di estirpo delle piante sintomatiche, una attenta difesa per il controllo del vettore e la massima cura nella produzione del materiale vivaistico.

Tutti aspetti che sono oggetto del piano di contenimento e dell’attività sperimentale portati avanti dal Settore fitosanitario regionale e dai Consorzi fitosanitari di Modena e Reggio Emilia, ma che si inseriscono in un contesto molto differente rispetto a quando si dovette gestire durante la prima ondata di giallumi fitoplasmatici degli anni 2000.

L’evoluzione della meccanizzazione ha portato a un incremento delle superfici medie aziendali, con una conseguente minor tempestività nella gestione delle piante sintomatiche, che si affianca a una difesa che può avvalersi di sostanze attive meno efficienti nel controllo del vettore, tutti elementi che concorrono ad allungare i tempi di un’auspicabile risoluzione di questa recrudescenza che attanaglia la viticoltura dei nostri territori, convergendo con un momento di difficoltà anche dal punto di vista economico.

Probabilmente, giunti a questo punto, oltre alla tecnica, alla gestione fitosanitaria e alle attività di sperimentazione, il mondo viticolo richiederebbe un supporto strutturale. Rimanendo nell’ambito tecnico, sarà strategico mantenere tutte le attenzioni e le buone pratiche accresciute nelle ultime stagioni, frutto anche della maggior sensibilizzazione scaturita dal piano triennale di contenimento dei giallumi fitoplasmatici che, ricordiamo, non ambiva alla risoluzione del problema, bensì all’inversione della tendenza relativa all’incremento della malattia, obbiettivo non disatteso, ma che, probabilmente, richiederà ancora tempo, in particolare nelle aree intensamente colpite.

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